mercoledì 21 maggio 2014

Il diario del Giro. Undicesima tappa: Collecchio-Savona (249 Km). I fratelli Dardenne non vinceranno il novantasettesimo Giro d’Italia


Savona – Discutevo animatamente con il direttore del giornale su questioni che non riguardavano nello specifico la tappa di oggi, Collecchio-Savona di 249 chilometri, ma più in generale il nostro rapporto sofferto, e in particolare la mia difficoltà ad accettare che lui non perdesse occasione per vantarsi di non leggere libri. “Ma lo capisci che la faccenda non sta in piedi? Dirigi un giornale importante e non leggi mai un libro, anzi ti vanti di non leggere libri, ma ti pare una cosa normale?” Lui mi rispondeva di stare al mio posto, che il capo comunque aveva sempre ragione, e poi che non era vero che non leggeva nessun libro, cioè adesso forse sì, ma in passato aveva letto ad esempio Il gabbiano di Jonathan Livingston che restava in assoluto il suo romanzo prediletto. Avrei preferito di no. Allora mi era venuto in mente Paolo Nori, Paolo Nori che dentro Mo mama parlando del sindaco di Parma Federico Pizzarotti era rimasto scosso nell’apprendere che il libro prediletto dal primo cittadino grillino fosse proprio Il gabbiano. Ma come? Il gabbiano può essere il libro preferito di un quattordicenne, ma di un quarantenne allora c’è qualcosa che non va. Hai capito direttore? Tu peraltro di anni ne hai quarantacinque, cinque in più di Pizzarotti, la mia preoccupazione aumenta, il tempo stringe. Lo so, questa digressione sarebbe stata perfetta per una tappa con partenza oppure arrivo a Parma, ma che vuoi farci oggi il Giro parte da Collecchio e arriva a Savona, a proposito sto cercando anche qualcuno che presenti il mio romanzo e quello di Antonio Gurrado a Genova nel mese di giugno, ti viene in mente qualche nome? E a voi, amati lettori? Il problema di avere un direttore di giornale che non legge libri è che quando ha scoperto che spesso non riesco a guardare la tappa nonostante sia scrittore inviato al Giro e nel mio diario rosa parlo d’altro, ha perso le staffe e mi ha spedito a fare le cronache finanziare. Non ci capisco niente e per ripicca quindi parlo di ciclismo. Oppure di cinema. A Concita De Gregorio invidio un poco lo stipendio ma soprattutto l’essere inviata al festival di Cannes. Stai a vedere che io che non conosco invidie, invidio bonariamente solo chi è inviato, pagato per viaggiare e raccontare. Il nuovo film dei fratelli Dardenne, probabilmente splendido, parla dell’orrendo mondo del lavoro odierno. “Allora, volete voi che Sandra resti al lavoro o preferite eliminarla ed avere ciascuno un bonus da mille euro?” Un referendum fra i dipendenti. Marion Cotillard è decisamente bella, francese sintesi di grazia. Certo una protagonista brutta avrebbe reso meno. Secondo Repubblica, Marion “è veramente carina. La star del cinema francese indossa un abito scultura incrostato di bottoni stile che felicità indossare una merceria”. Esiste qualcuno retribuito per scrivere cose così, per dire. Il direttore del mio giornale invece sbuffa quando gli parlo dei fratelli Dardenne. “Quante volte te lo devo dire Savio? Il Giro quest’anno non verrà certamente vinto da un corridore belga”. Di passaggio a Genova i corridori hanno visto sfrecciare immobili alla loro sinistra diversi gruppi di lavoratori in difficoltà muniti di striscioni, fischietti e fumogeni. Sembrava la situazione ideale per una vittoria in coppia dei cineasti già autori di Rosetta, ma qualcosa non ha funzionato. Dopo una prima fuga di quattordici ciclisti e una caduta che ha coinvolto pure Diego Ulissi, il trionfo di tappa è andato a Michael Rogers, scampato a inizio stagione a una squalifica per doping in virtù dell’aver mangiato carne cinese invece che spagnola. Vi giuro che è così. Per quanto mi riguarda invece adesso torno in albergo e aspetto in stato di gioiosa ebbrezza la cronometro individuale di domani, da Barbaresco a Barolo, 42 chilometri e quattro stelle su cinque di difficoltà, già ammirevolmente soprannominata la “cronometro dei vini”. Del resto ieri in Franciacorta dove vivono i miei suoceri ho scoperto che aggiungendo al Campari la giusta dose di Müller Thurgau si ottiene un pirlo quasi perfetto e di natura altoatesina invece che bresciana. Ma cos’è il pirlo? E cosa c’entra con Barbaresco e Barolo? E con la Franciacorta? E tutto questo con lo svolgimento del novantasettesimo Giro d’Italia? Lo so caro direttore, niente.