venerdì 13 febbraio 2009

Diottrie



Più di tutti i poeti aveva amato un poeta di Perugia, che aveva vissuto quasi sempre a Roma. Era arrivato alla convinzione che, se avesse sempre tenuto sul comodino il libro preferito del proprio poeta preferito, allora avrebbe recuperato la vista. Le diottrie che da adolescente aveva improvvisamente guadagnato e che gli avevano permesso, su consiglio dell’oculista che lo seguiva fin da quando era bambino, di smettere con l’obbligo di portare gli occhiali, alla soglia dei trent’anni erano improvvisamente tornate a mancare, costringendolo spesso a sforzare gli occhi per leggere con esattezza certe insegne luminose che pendevano dalle pareti di palazzi che ospitavano negozi e, cioè che più lo infastidiva, per distinguere con precisione i diversi colori che ogni arcobaleno del mondo definiva sulla terra dopo una sessione di pioggia.
Così si sentiva ora, come uno che avrebbe dovuto rimettere gli occhiali, ma non ne aveva per niente voglia, e il massimo che avrebbe potuto accettare sarebbero state un paio di lenti a contatto, consapevole che non sarebbe stato lo stesso, e che le cose viste da bambino non sarebbero in ogni caso tornate con la stessa luce e dimensione di allora. Eppure, quel giorno dall’oculista era stato davvero felice. Togliersi gli occhiali significava buttare via il fastidio di essere piccoli, e diventare un ragazzo capace di leggere quello che voleva, senza il bisogno di nessuna lente tra lui e le parole. In biblioteca aveva trovato un volume di pagine in larga parte bianche, con poche righe, a volte una solamente. Di certo il poeta che stava leggendo non portava gli occhiali, era per quello che sembrava riuscire a definire in poche frasi interi universi. Oppure gli piacevano le pagine bianche, e cercava di annerirle il meno possibile.
Una volta terminato il libro non avrebbe voluto più staccarsene e aveva continuato per anni a conservarlo nella borsa, come una preghiera, come un materiale molto prezioso. L’aveva trasportato nelle città dove aveva vissuto, in quelle dove aveva soggiornato anche pochi mesi per motivi di lavoro. Aveva saputo rinunciare di volta in volta a un maglione in più, a un paio di scarpe, tutto per farci stare quelle pagine così tanto bianche. Poi, un giorno grigio e con l’aria irrespirabile, aveva smesso di leggere poesie e, trangugiato dagli eventi, aveva appena fatto in tempo a rendersi conto che faceva sempre più fatica a leggere con esattezza certe insegne luminose che pendevano dalle pareti di palazzi che ospitavano negozi.