venerdì 26 novembre 2010

Serie A: Genoa-Juventus (Lo zucchero di Campana e il vendicatore del calcio moderno)

Il principale vantaggio delle cose e delle costruzioni rispetto alle persone, risiede nella possibilità di durare (una volta venute alla luce) oltre la vita degli umani, o di esistere già quando questi si presentano nel mondo, con l’ingenuità o la presunzione di essere i primi o fondamentali.

Ogni volta che vado a Genova, passo per piazza Caricamento e resto qualche minuto a guardare la sopraelevata, rammentando sempre un’intervista a Paolo Villaggio nella quale l’attore genovese ricordava di essersi svegliato un giorno e di essere rimasto stupefatto nella negatività della scoperta: chi aveva tirato su quell’orrore di cemento che impediva la visione del mare? Le generazioni future sarebbero state liberate da quella bruttezza?
Successivamente mi è capitato di percorrerla da automobilista la sopraelevata, e osservando il profilo al tramonto di Zena ho pensato che anche una cosa brutta può permettere in qualche modo di accedere alla bellezza. Una magra consolazione.

Poi solitamente faccio colazione al Caffè degli Specchi, rubando talvolta la bustina di zucchero con scritto sopra dei versi di Dino Campana, che qui prendeva cappuccio e brioche prima di essere costretto a fare la cosa che ogni scrittore si augura non gli capiti mai: provare a riscrivere un libro a memoria, dopo averlo sfortunatamente smarrito.
”Entro una grotta di porcellana
sorbendo caffè
guardavo dall’invetriata
la folla salire veloce”.

Dagli spalti del Luigi Ferraris dei giocatori senti quasi l’odore, e ti sembra di essere in un campetto di periferia dove puoi guardare chi gioca sulla fascia negli occhi. Milos Krasic rappresenta una sorta di vendetta contro il calcio moderno, colpevole di aver assassinato la maggioranza delle ali di una volta. Sarebbe un numero 7, ma indossa il 27. La sua visione personale del football è semplice: riceve palla, la stoppa e punta il difensore. Lo fa con tale naturalezza da portare il marcatore (il numero 3 di una volta) in una zona del cervello molto vicina all’esaurimento nervoso. Prima di alzare bandiera bianca e correre sul lettino dello psicanalista, solitamente il terzino sinistro si piglia almeno un cartellino giallo. Per questo, dopo la simulazione dell’ala serba a Bologna abbiamo assistito ad una serie di corsivi indignati, che curiosamente non si sono ripetuti dopo la testata di Samuel Eto’o a Cesar in Chievo-Inter. Quando fatichi a fermare un campione sul campo, provi a bloccarlo sui giornali.

Al primo pallone toccato da Milos, ho pensato che lo stratagemma fosse servito. Palla a Krasic che punta Criscito il quale, per non essere scavalcato, lo butta per terra con le braccia. L’arbitro lascia correre, e Del Neri è solo uno dei tifosi juventini che si mette a pensare: “Ecco, adesso cercheranno di farlo passare per simulatore sempre”.
Non sarà così.

Sotto gli ingiustificati Buu del pubblico genoano, Krasic prima è sembrato smarrirsi, poi ha ripetuto l’esercizio preferito. Stop e puntare. Dalla gradinata avevo la sensazione di leggere la sua idea nascosta sotto i biondi capelli. Ragionava in serbo, ripetendo a se stesso più o meno così: “adesso la stoppo, poi punto Criscito”.

L'avrebbero steso quattro o cinque volte, sarebbero arrivati i primi gialli. Poi Krasic avrebbe deciso per lo slalom, saltando come paletti tre difensori rossoblu prima di calciare verso il palo più lontano che l’avrebbe premiato spingendo la palla oltre la linea bianca. Genoa 0 Juventus 2.

Il secondo tempo non avrebbe cambiato il risultato e Krasic, uscendo dal terreno di gioco sostituito da Sissoko, mi avrebbe dato la stessa impressione di un appartenente alla folla che, oltre il vetro, saliva veloce.