sabato 27 febbraio 2010

Con Lucio Bordenave nel cappotto

Con Lucio Bordenave nel cappotto la situazione lentamente migliorò. Erano stati giorni faticosi, con pomeriggi incapaci di trattenere quelle idee che al mattino presto di facevano vive, con confortante costanza, prima di essere inghiottite dal turno lavorativo trascorso sempre in piedi. Sei ore consecutive in piedi probabilmente non erano il peggio che potesse capitare, ma sedersi ogni tanto tutto sommato non gli sarebbe dispiaciuto, e in fondo quel fastidio continuo alla caviglia sinistra che aveva ormai da un mese, chi poteva dimostrare dipendesse dallo stare per sei ore in piedi e quasi sempre nello stesso punto? E poi perché solo una caviglia e non tutte e due?
Quando le idee del mattino il pomeriggio non se le ricordava più, o le rammentava grazie alla furba intuizione di appuntarle (ma in ogni caso non riusciva a svilupparle) si dedicava alle faccende di casa, avvertendole forse stupidamente come un peso determinante, almeno nella capacità di fargli mutare radicalmente in nero l’umore. Piatti, lavatrici, spesa. Ma vaffanculo, pensava, pretendo come minimo che alla fine della vita questo tempo sprecato mi venga restituito.
Poi usciva prima che il sole scendesse (le giornate grazie a Dio iniziavano ad allungarsi) infilava Lucio Bordenave nella tasca del cappotto per avere un po’ di compagnia durante la passeggiata, e la situazione lentamente migliorava.