Francesco Savio è al suo primo romanzo e ha scritto una storia che si legge con piacere, grazie ad una scrittura morbida, limpida, armoniosa e capace di coinvolgere.Un ritmo lento, dolce e pacato scandisce un’armonia di parole in accordo fra loro. Un libro dai tocchi lievi e delicati, ricco di immagini. Immagini che ti si stampano nella mente, e che portano con sé domande.Il protagonista è Nicola, un bambino di nove anni che vive metabolizzando un lutto, quello di suo padre.In certi momenti si sente solo, abbandonato, avverte la sensazione fisica del distacco. Per Nicola, però, la relazione col padre è stata positiva e quindi interiorizza il genitore perduto come una presenza protettiva. Cerca quindi di non perdere la quotidianità che aveva con lui, quasi a voler continuare la relazione, come se questa continuità lo rasserenasse e dirigesse il dolore verso qualche cosa di reale. Si viene così a creare un processo di identificazione del bambino con il genitore che non c’è più.Nicola ha sviluppato una buona organizzazione della propria personalità ed è quindi in grado di sostenere ed esprimere la sua nostalgia. Per questo il suo punto di vista è descritto in modo arguto, pacato, spesso divertente, ma mai artificiosamente ingenuo.Leggendo si capisce come le più grandi conquiste sono delle piccole vittorie. A volte non ci crediamo, non pensiamo sia possibile e, quando arrivano, sono inaspettate. Ci trovano impreparati e hanno il sapore di quella semplice felicità che di solito si trova solo nello sguardo di un bambino.In questo romanzo di Francesco Savio tutto si muove lento e leggero. Con una levità fatta di frasi brevi, scelte con cura, che si susseguono con ritmo cadenzato e denotano costante e laboriosa ricerca formale.Lo scrittore bresciano sembra aver seguito i consigli di Cechov. Soprattutto l’elogio della leggerezza. «Potete piangere o gemere sopra un racconto, potete soffrire insieme ai vostri personaggi, ma ritengo che bisogna fare in modo che il lettore non se ne accorga».Il suo è un modo di raccontare a prima vista facile, per lui le parole sono una fortunata opportunità e vanno modellate con attenzione, senza inganni o maquillage di cattivo gusto.Il tono è affabulatorio, confidenziale, ricco di immagini che elettrizzano l’emotività e, allo stesso tempo, suscitano stupore.Con voce disincantata, diretta, Nicola racconta, un mondo di esperienze e sentimenti unici. Immagina il suo rapporto col padre e sogna di diventare un campione di ciclismo.Ricorda con immediatezza e sincerità i pomeriggi passati in casa a far compagnia al padre malato, quando guardava alla televisione i campionati del mondo di ciclismo e cominciava ad amare questo sport che così tanto piaceva a papà Guerrino. Si stupiva allora che il campione del mondo con quella strana maglia bianca a cinque bande colorate dava il meglio di sé solo in quella singola gara di Settembre e poi spesso, durante l’anno, vivacchiava di prestazioni discontinue.Il ciclismo, tuttavia, è uno sport che sa regalare soddisfazioni nei momenti più impensabili e il Giro d’Italia è una gara a tappe di grande interesse popolare, una competizione unica, diversa da tutte le altre. Come scrive Gian Luca Favetto “il Giro è mito, è storia e geografia, è polvere e asfalto, è neve, pioggia, vento, grandine, sole, è miss e sorrisi, è radio, televisione e giornali, è campioni e gregari, maglie rosa e maglie nere”.Guerrino e Nicola il Giro lo seguivano eccome e il bambino addirittura sognava addirittura di vincerlo con la sua bicicletta. Desiderava a più non posso anche la maglia numero 10 di Platini e di giocare un giorno nella sua Juve.Attraverso la fantasia, Nicola impara a dare un senso al mondo che lo circonda, ma non solo.Il giorno in cui suo padre muore, però, tutti questi suoi sogni svaniscono e Nicola comincerà a pensare, parlarsi e rispondersi, ritrovandosi. Sognerà di partire in treno alla ricerca di Guerrino in una sorta di viaggio fatto di parole e silenzi, domande e sorprese. Una strada che ci rivelerà come i nostri genitori, la nostra famiglia e gli amici di un tempo sono i soli testimoni di quello che siamo stati, e che ora non siamo più.
Francesco Savio, Mio padre era bellissimo, Italic – Pequod.