(Savio per Quasi Rete Gazzetta della Sport)
Quando non avevo ancora Sky i miei sabato pomeriggio erano decisamente diversi. Invece di guardare la Premier League, ascoltavo alla radio le partite di serie B nella speranza che la squadra della mia città tornasse al più presto in A. Poi aspettavo le ore diciotto e qualcosa quando, su Rai Tre, aveva inizio 90esimo minuto Serie B, ormai unico presunto erede del 90esimo di una volta, quello condotto in studio da Paolo Valenti.
Il presentatore era un esperto, ma di boxe, e sostava chiaramente impacciato al centro del ring, con una cartelletta in mano, sulla quale aveva probabilmente appuntato la scaletta delle partite e qualche regola fondamentale del giuoco del calcio. Alla sua destra, sulle due sedie disponibili, c’erano solitamente Eugenio Fascetti e Claudio Sala, distinguibili il primo dalla scialba aggressività dei maglioni indossati (i migliori certi cardigan slabbrati, dai rischiosi giochi geometrico-cromatici, talvolta con bottoni penzolanti) e il secondo dalle scarpe, che purtroppo erano sempre le stesse. Alla sinistra del conduttore giaceva inoltre semiaddormentato l’ex arbitro Longhi, pronto a destarsi periodicamente per illustrare al pubblico qualche episodio della moviola, l’interpretazione dei quali faceva quasi sempre sorgere dubbi sulla precedente carriera in giacchetta nera e fischietto d’acciaio.
Tra servizi che non partivano o iniziavano senza audio, qualche sconcertante domanda dell’esperto di boxe agli ospiti fissi, ed esagerate sovraimpressioni grafiche sul teleschermo che annunciavano eventuali gol del primo anticipo di serie A, mi ero lentamente affezionato al 90esimo minuto Serie B.
Una sola cosa mi provocava quasi un dolore al petto: constatare come ogni sabato Claudio Sala indossasse sempre le stesse scarpe, marroni chiare e scamosciate, senza dubbio un brutto paio di scarpe, indegne dei piedi che contenevano, e pure vecchie. La telecamera inquadrava Fascetti e Sala e io fissavo le scarpe di Claudio e mi ripetevo: “No c**** non è possibile, le ha messe anche oggi”.
Me ne chiedevo il perché. Quelle scarpe significavano qualcosa per lui? Di certo non le sceglieva per abbinarle ai vestiti, perché questi cambiavano, mentre le scarpe mai. Allora forse l’ex grande ala del Torino era caduto economicamente in disgrazia e non poteva comperarne di nuove? Poco credibile, per quelle partecipazioni in un programma Rai qualche euro lo prendeva di sicuro. Restavo interdetto. Cercavo sul telecomando i pulsanti colorati per interagire con quelli dentro lo schermo.
Pulsante giallo: “Vorrei chiedere a Sala una cosa. Sinceramente, considerato che non vi ho visto giocare dal vivo al massimo dello splendore, chi era più forte, lei o Franco Causio?”
(Meglio iniziare con una domanda di routine.)
Pulsante verde: “Signor Fascetti, in difesa sui calci d’angolo meglio difendere a uomo o a zona?”
(Domanda un po’ ruffiana, avrebbe certamente permesso ad Eugenio di sciorinare una delle sue più radicate convinzioni: meglio marcare a uomo, almeno sui calci piazzati.)
Pulsante blu: “Ancora per lei Fascetti, quali i punti di contatto tra i quadrati e i triangoli presenti in colori diversi sul suo maglione e gli schemi adottati dal suo Bari migliore?”
Pulsante rosso: “Egregio Claudio Sala, dalle immagini che ho visto la sua classe risulta evidente, un bene prezioso per la storia del calcio italiano. Allora perché, le ripeto perché si ostina presentarsi ogni sabato sera in studio con quelle scarpe di quel marrone troppo chiaro e addirittura sgualcite dal troppo uso?”
Mai ricevuto una risposta. Il Brescia partiva sempre tra le favorite. Chi poteva vantare in serie B una coppia là davanti come Caracciolo e Possanzini? Pulsante rosso e blu, provavo a schiacciarli insieme. Niente da fare. Le scarpe di Claudio Sala urlavano dal pavimento dello studio di 90esimo minuto. Grossa bugia questa della Tv interattiva.
Il presentatore era un esperto, ma di boxe, e sostava chiaramente impacciato al centro del ring, con una cartelletta in mano, sulla quale aveva probabilmente appuntato la scaletta delle partite e qualche regola fondamentale del giuoco del calcio. Alla sua destra, sulle due sedie disponibili, c’erano solitamente Eugenio Fascetti e Claudio Sala, distinguibili il primo dalla scialba aggressività dei maglioni indossati (i migliori certi cardigan slabbrati, dai rischiosi giochi geometrico-cromatici, talvolta con bottoni penzolanti) e il secondo dalle scarpe, che purtroppo erano sempre le stesse. Alla sinistra del conduttore giaceva inoltre semiaddormentato l’ex arbitro Longhi, pronto a destarsi periodicamente per illustrare al pubblico qualche episodio della moviola, l’interpretazione dei quali faceva quasi sempre sorgere dubbi sulla precedente carriera in giacchetta nera e fischietto d’acciaio.
Tra servizi che non partivano o iniziavano senza audio, qualche sconcertante domanda dell’esperto di boxe agli ospiti fissi, ed esagerate sovraimpressioni grafiche sul teleschermo che annunciavano eventuali gol del primo anticipo di serie A, mi ero lentamente affezionato al 90esimo minuto Serie B.
Una sola cosa mi provocava quasi un dolore al petto: constatare come ogni sabato Claudio Sala indossasse sempre le stesse scarpe, marroni chiare e scamosciate, senza dubbio un brutto paio di scarpe, indegne dei piedi che contenevano, e pure vecchie. La telecamera inquadrava Fascetti e Sala e io fissavo le scarpe di Claudio e mi ripetevo: “No c**** non è possibile, le ha messe anche oggi”.
Me ne chiedevo il perché. Quelle scarpe significavano qualcosa per lui? Di certo non le sceglieva per abbinarle ai vestiti, perché questi cambiavano, mentre le scarpe mai. Allora forse l’ex grande ala del Torino era caduto economicamente in disgrazia e non poteva comperarne di nuove? Poco credibile, per quelle partecipazioni in un programma Rai qualche euro lo prendeva di sicuro. Restavo interdetto. Cercavo sul telecomando i pulsanti colorati per interagire con quelli dentro lo schermo.
Pulsante giallo: “Vorrei chiedere a Sala una cosa. Sinceramente, considerato che non vi ho visto giocare dal vivo al massimo dello splendore, chi era più forte, lei o Franco Causio?”
(Meglio iniziare con una domanda di routine.)
Pulsante verde: “Signor Fascetti, in difesa sui calci d’angolo meglio difendere a uomo o a zona?”
(Domanda un po’ ruffiana, avrebbe certamente permesso ad Eugenio di sciorinare una delle sue più radicate convinzioni: meglio marcare a uomo, almeno sui calci piazzati.)
Pulsante blu: “Ancora per lei Fascetti, quali i punti di contatto tra i quadrati e i triangoli presenti in colori diversi sul suo maglione e gli schemi adottati dal suo Bari migliore?”
Pulsante rosso: “Egregio Claudio Sala, dalle immagini che ho visto la sua classe risulta evidente, un bene prezioso per la storia del calcio italiano. Allora perché, le ripeto perché si ostina presentarsi ogni sabato sera in studio con quelle scarpe di quel marrone troppo chiaro e addirittura sgualcite dal troppo uso?”
Mai ricevuto una risposta. Il Brescia partiva sempre tra le favorite. Chi poteva vantare in serie B una coppia là davanti come Caracciolo e Possanzini? Pulsante rosso e blu, provavo a schiacciarli insieme. Niente da fare. Le scarpe di Claudio Sala urlavano dal pavimento dello studio di 90esimo minuto. Grossa bugia questa della Tv interattiva.