(Savio per Quasi Rete Gazzetta dello Sport)
M’interrompevo da solo nella speranza che la mia squadra segnasse. Ma spesso non c’era niente da fare. Interrompevo la pedalata quando giravo in bicicletta. Poco importava se sarebbe bastato attendere solo qualche secondo per tagliare il traguardo, e indossare grazie agli abbuoni la mia prima maglia rosa. Interrompevo mia madre quando stava parlando, perfino il mio cane quando stava abbaiando. Mi convincevo che queste interruzioni, che praticavo durante tutta la settimana e pure la domenica mattina, con maggiore frequenza se la partita in ballo era di cartello, sarebbero servite poi alla mia squadra per andare in gol.
Dal panettiere interrompevo i clienti davanti a me:
“Scusa, ma t’interrompo da qui dietro, per me due ciabatte e una rosetta…”
Si scatenava il putiferio. Erano chiaramente tutti anti-juventini.
In automobile lungo l’autostrada non esitavo a bloccarmi con le quattro frecce in mezzo alla corsia. Avevo un problema al motore? Direi proprio di no.
Quando davo da bere ai fiori cercavo di fermare l’acqua uscita dall’innaffiatotio di plastica verde prima che toccasse la terra del vaso. Era molto difficile.
Il mio capo mi osservava rabbioso quando di colpo smettevo di lavorare. Avevo per caso qualche problema?
Il mio migliore amico si offendeva perché gli parlavo sopra quando in effetti sarebbe toccato a lui svelarmi i suoi principali turbamenti: “Scusa Gabriele, ma dentro di me qualcuno ha fischiato un rigore”.
A Catanzaro avevano fischiato un rigore per la Juve. Cercavo di tenere i pedali della bicicletta immobili anche se c’era molto vento, almeno fino al momento del tiro. Liam Brady prendeva la rincorsa, avrebbe calciato fuori apposta perché sapeva di essere stato venduto?
Onestamente non so se questa mania dell’interruzione sia mai servita a qualcosa. Non so se sia servita a migliorare le prestazioni della mia squadra. So che ho pagato, anche in termini di primi baci alle ragazze. Stavamo seduti, o in piedi, a pochi centimetri dalle labbra dell’altro, ma era più forte di me.
Scusa Amore, ma devo interromperti da me stesso: la Juventus è passata in vantaggio.
Dal panettiere interrompevo i clienti davanti a me:
“Scusa, ma t’interrompo da qui dietro, per me due ciabatte e una rosetta…”
Si scatenava il putiferio. Erano chiaramente tutti anti-juventini.
In automobile lungo l’autostrada non esitavo a bloccarmi con le quattro frecce in mezzo alla corsia. Avevo un problema al motore? Direi proprio di no.
Quando davo da bere ai fiori cercavo di fermare l’acqua uscita dall’innaffiatotio di plastica verde prima che toccasse la terra del vaso. Era molto difficile.
Il mio capo mi osservava rabbioso quando di colpo smettevo di lavorare. Avevo per caso qualche problema?
Il mio migliore amico si offendeva perché gli parlavo sopra quando in effetti sarebbe toccato a lui svelarmi i suoi principali turbamenti: “Scusa Gabriele, ma dentro di me qualcuno ha fischiato un rigore”.
A Catanzaro avevano fischiato un rigore per la Juve. Cercavo di tenere i pedali della bicicletta immobili anche se c’era molto vento, almeno fino al momento del tiro. Liam Brady prendeva la rincorsa, avrebbe calciato fuori apposta perché sapeva di essere stato venduto?
Onestamente non so se questa mania dell’interruzione sia mai servita a qualcosa. Non so se sia servita a migliorare le prestazioni della mia squadra. So che ho pagato, anche in termini di primi baci alle ragazze. Stavamo seduti, o in piedi, a pochi centimetri dalle labbra dell’altro, ma era più forte di me.
Scusa Amore, ma devo interromperti da me stesso: la Juventus è passata in vantaggio.