Il calcio, la letteratura, la
vita. Tre sono i sentieri che s’intrecciano e si biforcano in Il fuorigioco
sta antipatico ai bambini, romanzo e autobiografia, lettura in undici capitoli
di undici romanzi e rilettura di undici edizioni della Coppa del mondo di
calcio: dal 1974, qualche mese prima della comparsa biografica di chi racconta,
al 2014, anno in cui, sempre chi racconta, si appresta a spiegare il senso del
football, e della vita, al figlio «infaticabile compagno di azioni calcistiche in
corridoio». E così l’interminabile, apparentemente inutile ragnatela di
passaggi disegnata sul campo di Monaco di Baviera nel primo minuto della finale
dei Mondiali del ’74 dall’Olanda di Johan Cruijff assomiglia al monologo,
astratto e acronico, di una pagina di Thomas Bernhard. E quattro anni dopo
Mario Kempes avrà i capelli troppo lunghi per compiacere il presidente Videla
in tribuna, ma non abbastanza lunghi per convincere Julio Cortazar a far
ritorno a Buenos Aires. Zinedine Zidane che segna due gol di testa nella finale
del 1998 e Albert Camus possono incontrarsi nella stessa tasca del camice
bianco di un venditore di lavatrici in un grande centro commerciale. Per
arrivare in fondo alle pagine di Turgenev che parlano di vite infinite che
sanno riunire, anche a distanza di anni, i padri ai figli.