Non so perché non sono argentino, ma ad essere onesto più di una volta mi sono chiesto anche il perché del mio non essere spagnolo o portoghese. Il triangolo delle mie prossime reincarnazioni a grandi linee lo vedo così. Chi avrà ragione poi si vedrà. Non disdegno comunque l’essere italiano, nonostante certi orribili connazionali, insomma poteva andarmi peggio, ma qui si parlava del futuro, e allora.
Mentre in Spagna e in Portogallo ho già avuto modo di constatare certe anticipazioni di ciò che sarò, in Argentina non sono mai stato, e proprio per questo ritengo una circostanza favorevole trasformare la via in città, e convincermi quindi che Mercoledì 10 marzo presenterò “Mio padre era bellissimo” in una libreria a Buenos Aires. Quantomeno avrò il vantaggio di sembrare spaesato per una ragione opportuna, quella di essere in Sudamerica e capire solamente qualcosa delle parole e della gente intorno. Potrei anche attendere la traduzione dell’interprete prima di sorridere o annuire alle affermazioni di Giuseppe Antonelli e Marco Monina, che mi accompagneranno della presentazione, e prendere tempo per rispondere ad eventuali domande, giustificando i secondi trascorsi con la necessità di permettere al traduttore il ritrovamento dei vocaboli più esatti.
Per ciò che riguarda i miei di vocaboli, essi si ridurranno esponenzialmente rispetto al solito per un fattore più che altro emotivo, ma pazienza. Sarò eventualmente disponibile per articolare discorsi più raffinati ai partecipanti l’evento individualmente, pure in giorni successivi, rinfrancando per giunta la mia antica convinzione: meglio avere a che fare con le persone una alla volta.
Poi mi farò una bella passeggiata con tanti respiri, e non mi dispiacerebbe cenare da “La curva”, ristorante frequentato da Lucho Bordenave a Buenos Aires, nelle pagine di Bioy.
Mentre in Spagna e in Portogallo ho già avuto modo di constatare certe anticipazioni di ciò che sarò, in Argentina non sono mai stato, e proprio per questo ritengo una circostanza favorevole trasformare la via in città, e convincermi quindi che Mercoledì 10 marzo presenterò “Mio padre era bellissimo” in una libreria a Buenos Aires. Quantomeno avrò il vantaggio di sembrare spaesato per una ragione opportuna, quella di essere in Sudamerica e capire solamente qualcosa delle parole e della gente intorno. Potrei anche attendere la traduzione dell’interprete prima di sorridere o annuire alle affermazioni di Giuseppe Antonelli e Marco Monina, che mi accompagneranno della presentazione, e prendere tempo per rispondere ad eventuali domande, giustificando i secondi trascorsi con la necessità di permettere al traduttore il ritrovamento dei vocaboli più esatti.
Per ciò che riguarda i miei di vocaboli, essi si ridurranno esponenzialmente rispetto al solito per un fattore più che altro emotivo, ma pazienza. Sarò eventualmente disponibile per articolare discorsi più raffinati ai partecipanti l’evento individualmente, pure in giorni successivi, rinfrancando per giunta la mia antica convinzione: meglio avere a che fare con le persone una alla volta.
Poi mi farò una bella passeggiata con tanti respiri, e non mi dispiacerebbe cenare da “La curva”, ristorante frequentato da Lucho Bordenave a Buenos Aires, nelle pagine di Bioy.