martedì 30 marzo 2010

Elogio di Pirlo, calciatore quasi magro, e aperitivo

(Savio per Quasi Rete Gazzetta dello Sport)
Ho avuto la fortuna di veder esordire tanti ragazzi che poi sono diventati bravi calciatori, in alcuni casi campioni. Seguendo il Brescia quando la domenica giocava in casa, ogni tanto qualche “primavera” promettente prima si metteva a sedere in panchina, ci stava magari settimane, ma poi si alzava ed entrava.
Una domenica nel 1987 o nel 1988 non ricordo bene, i titolari del centrocampo erano tutti fuori uso. Chi per squalifica, chi per infortunio. E toccò al giovane Eugenio Corini. Ricordo almeno venti minuti senza toccare palla, poi un lancio d’esterno, al volo, intuizione talmente geniale da non essere compresa a pieno dal compagno di squadra sulla fascia, ma sufficiente per strappare un applauso al pubblico del Rigamonti.“Hai visto il ragazzo??” aveva esclamato uno dei miei casuali vicini di gradoni. Il primo tempo era terminato con un abbastanza noioso 0-0, ma la gente si era alzata per applaudire Eugenio da Bagnolo Mella.
Otto anni dopo, mi capitò di vedere un altro regista (che ancora non sapeva di esserlo) indossare con scioltezza la casacca delle Rondinelle in serie A, nonostante i sedici anni d’età: si trattava di Andrea Pirlo. E qui, gli amanti del calcio e dell’aperitivo erano rimasto davvero stupiti. Da dove veniva quel quasi-uomo magro? Quale mistero aveva desiderato unire il suo cognome al nome dell’aperitivo più in voga della città? Pirlo poi in bresciano significava caduta, fare un pirlo insomma, e gli spettatori della partita sembravano cercarsi con lo sguardo mentre Andrea muoveva i primi passi lungo la strada che l’avrebbe trasformato in un campione. Sarebbe scivolato sul più bello? Avrebbe fatto un dannoso pirlo proprio quando stava per calciare una punizione?
Vino frizzante (meglio Franciacorta Brut spumante), vermouth (Campari o Aperol) e acqua di seltz. Per quanto mi riguarda meglio col Campari. Non ho più trovato, nella mia vita, un senso d’ebbrezza leggera così poetico. Il pirlo aveva un segreto, sconosciuto, ma che non mi sarei lasciato sfuggire. E Andrea non poteva tradirmi, sarebbe diventato un giocatore straordinario, nonostante i detrattori continuassero a dirmi:“Ma sei fissato?? E’ troppo magro per diventare un calciatore vero! E poi i numeri 10 non servono più!”
Poveri scemi, Pirlo è leggero come il senso d’ebbrezza che provoca l’aperitivo. Questo a voi sfugge, ma a me no, eppure di certo non bevo più di voi. Come vi sfugge quello che c’è nella aria o nel cibo qui nella città della Leonessa. Deve esserci qualcosa fatto apposta per nutrire e fare crescere registi o trequartisti.
Il passaggio all’Inter (un sogno realizzato per Andrea, di fede nerazzurra) qualche giornata di fiducia e talento (con Nicola Ventola terminale offensivo degli assist del centrocampista bresciano). Poi il patatrac: la dirigenza dell’Inter scopre che Pirlo è italiano e lo mette fuori rosa. “Volevi prenderci in giro eh? Ti abbiamo scoperto, sei di Brescia! Noi l’Internazionale, quindi fuori da questa squadra! Italiani non ne vogliamo! Hai capito?!”
Pare la fine. E invece no. Reggina, ancora Inter per sole 4 presenze, quindi di nuovo Brescia con Roberto Baggio, e finalmente Milan. Coppe dei Campioni, e Mondiale, vinte da quello che era troppo magro.