domenica 31 gennaio 2010

Caro Sandrino (pezzo probabilmente per juventini, ma anche no)

Caro Sandrino,
non so quando mi sono sorpreso a chiamarti così. Probabilmente dalla serie B. In quei sabato pomeriggio ricordo un tuo urlo dopo un gol, uscito fuori attraverso i quadrati bianchi della rete, con Trezeguet che sorrideva e ti guardava. Era la fine del 2006, e da campione del mondo avevi ricominciato a giocare quasi sempre con il sole e con il chiaro, lasciando le partite sotto le luci dei riflettori a chi si vantava ignobilmente di essere l’unico onesto, l’unico puro, l’uomo che non aveva rubato, mai.
Tu giocavi e segnavi (una ventina di gol, tanto per confortare chi periodicamente ti dava per finito) e io, davanti alla Tv, mi scoprivo a incitarti: “Vai Sandrino! Vai Sandrino!” come non mi era capitato prima. Sempre Ale ti avevo chiamato, e raramente Alex, perché mi piaceva poco quella X finale.
Ti eri trasformato in Sandrino, e mi facevi venire in mente Mazzola, esponente luminoso di un altro calcio, di un’altra Inter, meno isterica e più educata, non rappresentata insomma dai Materazzi e dai Mourinho Balotelli di oggi.
Così, quando stamattina ho comprato anche Tuttosport per rilassarmi un po’ in questa magnifica domenica milanese senza automobili e ho visto la tua fotografia in allenamento, con il pallone giallo tra le mani e quel sorriso di chi gioca a calcio perché è nato per fare quello, ho pensato: ma chi diavolo ce l’ha un capitano bello così? Nessuno, nessuno ha un capitano bello come te. E addirittura, cosa conta vincere oppure no, se hai un capitano così?
Rivera, Platini, Baggio, Del Piero. Questo è il mio calcio, offerto in sacrificio per voi, strepitanti ultras domenicali, nelle curve e nelle tribune d’onore.