giovedì 30 dicembre 2010

Due 21 dicembre. Bearzoff (ovvero un ricordo di Bearzot-Magritte attraverso Dino Zoff)



Se le stesse immagini, proiettate su televisori differenti a distanza di ventotto anni, fossero capaci come un prisma miracoloso di restituire oggi corpi, soggiorni e movimenti di chi le stava guardando nel 1982, allora senza dubbio a me non sarebbe dispiaciuto l’altra sera, mentre rivedevo Italia-Brasile su La7, scorgermi bambino sul divano di casa, scrutante un po’ la partita un po’ mio padre, fumante una sigaretta alla finestra per ogni goal di Paolo Rossi.

Con i gomiti appoggiati al cuscino posizionato sul marmo del davanzale (ma non era rischioso posizionare un cuscino in bilico al terzo piano? No, era solo un cuscino) Guerrino tratteneva a stento lo stupore per l’impresa degli Azzurri di Bearzot, il quale in panchina masticava, e gridava consigli a Cabrini, il più a portata di mano, lì sulla fascia sinistra.

Dopo gli stentati pareggi con Polonia, Perù e Camerun, e la sorprendente vittoria sull’Argentina, perfino i giornalisti più incompetenti e in malafede adesso si trovavano costretti a rimangiarsi molte delle furibonde critiche al Vecio con la pipa, e no, anche se il bell’Antonio e Rossi erano stati visti tenersi per mano, questo magari poteva anche non significare che i due fossero omosessuali.

Ma tornando a quel caldo pomeriggio di magliette sudate e strappate, Bearzot ruminava all’ombra della panchina, ancora ignaro della storia che l’avrebbe unito a Vittorio Pozzo non solo pochi giorni dopo sul tetto del mondo, ma anche sui calendari 1968 e 2010: il 21 dicembre, una stessa data decisa dal caso per l’addio alla vita di due Ct Campioni del Mondo.

Pare che Marcello Lippi, intervistato da un noto quotidiano sportivo per un ricordo del Vecio, abbia dichiarato che a partire dal 2011, ogni 21 dicembre se ne starà chiuso in casa, in solitudine, il sigaro acceso, a riguardare consecutivamente le Finali di Roma, Parigi, Madrid e Berlino.

Nei minuti conclusivi, un calcio d’angolo per il Brasile era sufficiente per trasformare milioni di italiani terrorizzati in aspiranti coristi del festival di Sanremo, al grido di:
”Esciiii!”
Dino Zoff, prima voce solista, spinto da questo suggerimento lontano ma convincente, usciva, bloccando in presa. Poi osservava con preoccupata soddisfazione il Direttore d’orchestra, come si cerca con gli occhi un padre silenzioso, ma rassicurante. Era fatta.
Bearzot, cercatore di finestre poco scontate, dalla panchina del Sarrià di Barcellona rispondeva allo sguardo del capitano, vivo nel miracolo, parafrasando Magritte:
“Questa non è una pipa. Ragazzi miei, voi siete la mia pipa”.