venerdì 9 aprile 2010

Vila-Matas, Messi e me

(Savio per Quasi Rete Gazzetta dello Sport)
Il fatto che Enrique avesse deciso di invitare proprio me a vedere Barcellona-Arsenal inizialmente mi lasciò molto stupito. Perché io e non un altro? Io, il quasi sconosciuto autore di “Mio padre era bellissimo”? Tanto valeva non pensarci troppo e accettare, rispondendo con un emozionato Sì al sorprendentemente perfetto italiano di Vila-Matas. Quando mi sarebbe ricapitato che uno dei scrittori preferiti mi chiamasse sul BlackBerry comunicandomi che aveva trovato due biglietti per quella che si presentava come una delle più belle partite della stagione calcistica?

Il Camp Nou visto dal primo anello dove eravamo appariva come un Mediterraneo verticale di gente, con onde blaugrana e un piccolo golfo bianco e rosso. Restavo ipnotizzato dalle linee che la palla creava passando dai piedi dei giocatori del Barca, forse perché sono geometra. Una ripetizione di triangoli ossessiva, fino a trovare il varco per il tiro.
Le azioni partivano dal portiere Valdes che non passava mai ai terzini, ma ai centrali, per la precisione Milito e Marquez, sostituti dei titolari Puyol e Piqué. Da qui, il pallone veniva appoggiato al centrocampista smarcato, il quale (quasi sempre di prima) serviva il primo compagno di squadra che vedeva libero, sovente all’indietro. Era un modo di avanzare andando apparentemente indietro, per vie centrali, veloce e orchestrato, fino a trovare il tiro o il passaggio su una delle fasce per gli inserimenti di Dani Alves e Abidal.
Così mi spiegava Vila Matas, e quella semplicità che non avevo mai compreso con tale chiarezza da solo mi lasciava deluso. Ecco, pensavo, sono qui con uno scrittore vero e faccio la figura di quello che non ha mai capito nemmeno come si muove il Barcellona di Guardiola. Gioca semplice, attraverso ripetizioni triangolari ossessive, fino a trovare il varco per il tiro. Oppure, opzione B: palla a Messi, che accelera in serpentina, ne scarta tre e fa gol.

Wenger e' un professore capace, serio e forse troppo permaloso. La tensione talvolta lo divora e allora si mangia le mani, non le unghie. L’ho visto mordersi continuamente la mano destra esasperato, tra il pollice e l’indice, avvolto nel suo giubbotto da magro omino Michelin blu con stemma rosso. Inizialmente trova le contromisure: fa pressare altissimo i suoi giovani Gunners per approfittare di un eventuale errore di palleggio dei catalani. Passa in vantaggio con quello spilungone di Nicklas Bendtner. Il Barca ha la fortuna di pareggiare subito, poi è notte fonda per i Cannonieri, pur molto eleganti nella loro terza divisa bianca con sottili righe rosse, sponsor grigio e colletto.

Quattro volte Messi. Vila-Matas è fuori di sé, e francamente pure io. Si possono avere tre squadre del cuore: la prima per dove si nasce, la seconda per scelta infantile. La terza si sceglie da grandi.