(Savio per Quasi Rete Gazzetta dello Sport)
Mio padre era interista. Altro che bellissimo, potrei dire, e si metterebbe a ridere. Ma credo tifasse più per il Brescia. La domenica andavamo in curva Nord al Rigamonti, con Rinaldo, un suo amico che poi non so che fine abbia fatto. Guerrino e Rinaldo, decisamente nomi che non si usano più.
La curva era il settore riservato al popolo, per usare un’espressione fuori moda, e non era ancora controllata da certe scimmie organizzate che oggi, in ogni stadio d’Italia, dettano legge con i loro comportamenti e slogan fascisti, ripetendo a macchinetta parole gonfie di retorica come Onore, Orgoglio, Tradizione ecc.
Stavamo in curva, il Brescia arrancava tra serie B e C, e io andavo alla partita più che altro per mangiare le caramelle quadrate di zucchero colorato che Guerrino mi comperava alla bancarella fuori dallo stadio. I giocatori erano troppo lontani e non capivo molto.
Ma dicevo, mio padre era anche interista. La casacca nerazzurra era pronta nell’armadio anche per me, ma mia sorella intervenne nel mio destino di tifoso con un colpo da maestra, e per questo la ringrazierò finché campo, perché la Juve è la Juve. Certo, qualcuno potrebbe giustamente obiettare che l’Inter è l’Inter, il Milan il Milan, la Sampdoria la Sampdoria. Non potrei contraddirlo. Se la Juve infatti fosse l’Inter, il Genoa l’Avellino, la Fiorentina il Napoli, non ci capirebbe più niente nessuno. Le trasmissioni sportive farebbero ascolti record annunciando solamente a fine programma quello che le squadre sono veramente.
“Rileggiamo la classifica: l’Inter vince il campionato con 82 punti ma…Attenzione: l’Inter quest’anno è il Torino, quindi il Torino vince lo scudetto!”
Nel capoluogo piemontese si ubriacherebbero di gianduiotti.
Mia sorella, dicevo, deviò il corso naturale delle cose. Grazie al suo folle amore per Antonio Cabrini, del quale aveva appeso in camera un poster fatto di fotografie ritagliate dai giornali. In sintesi il suo pensiero era: hai visto che bello Cabrini? Bello, bravo e gioca nella Juve. E qual è la squadra che vince sempre? La Juve. Quindi, ci misi del mio: notai che nella Juventus giocava con il numero 10 un campione rivoluzionario nel modo di muoversi, nell’eleganza, nell’intelligenza ironica delle dichiarazioni. Per tutte, una battuta fulminante. Prima di una partita importante l’avvocato Agnelli passa in rassegna i giocatori della Juventus. Michel Platini sta fumando una sigaretta e l’Avvocato lo riprende:
“Ma Platini insomma, queste sigarette…”
E Michel:
“Avvocato, l’importante è che non fumi Bonini…”
E va bene, dovevo parlare di Inter e la Juve invade il campo.
Mio padre era anche interista, e credo che per quello che è accaduto ieri sera sarebbe stato contento. Anche se il calcio è cambiato, l’Italia è cambiata, e l’isterismo antisportivo che acceca la maggioranza degli italiani forse gli avrebbe fatto passare la voglia si seguire lo sport nazionale. Suo fratello Franco, interista come lui, mi ha appena scritto che non ama più il calcio perché non gli piace una squadra italiana che schiera solo giocatori stranieri.
Oggi si celebra la vittoria dell’Inter, i due gol straordinari di un fuoriclasse come Diego Milito, signore argentino silenzioso incapace (a differenza del suo allenatore) di parole fuori luogo ed offensive nei confronti degli avversari. Si celebra Javier Zanetti, capitano indistruttibile, e il suo amico Cambiasso che solo un annebbiato Maradona può non convocare per i Mondiali.
Oggi da amante del gioco del calcio celebro l’Inter, non dimenticando ciò che ha permesso alla squadra di Moratti di diventare la squadra più forte d’Europa: una mezza farsa chiamata Calciopoli, miliardi spesi a pioggia senza alcun riguardo per il bilancio. Celebro l’Inter che ha vinto sul campo, anche con un po’ di fortuna, con episodi dubbi (Chelsea, Barcellona) che a parti inverse avrebbero fatto esplodere interismi alla Severgnini, avrebbero visto Mourinho invadere il campo, fare il segno delle manette, insultare allenatori, arbitri, giornalisti. Ma il tutto per cementare il gruppo, chiaro.
José Mourinho, allenatore geniale e affascinante, un Berlusconi della panchina, e mi fa sorridere osservare amici progressisti idolatrarlo per modi di fare così simili a quelli del Presidente del Consiglio che mi fermo a pensare: ma come, se ami uno dei due, non puoi non amarli entrambi.
L’Inter ha vinto la Champions League, Massimo Moratti ha coronato il sogno di ripetere l'impresa del padre Angelo che, come il mio, era interista.
La curva era il settore riservato al popolo, per usare un’espressione fuori moda, e non era ancora controllata da certe scimmie organizzate che oggi, in ogni stadio d’Italia, dettano legge con i loro comportamenti e slogan fascisti, ripetendo a macchinetta parole gonfie di retorica come Onore, Orgoglio, Tradizione ecc.
Stavamo in curva, il Brescia arrancava tra serie B e C, e io andavo alla partita più che altro per mangiare le caramelle quadrate di zucchero colorato che Guerrino mi comperava alla bancarella fuori dallo stadio. I giocatori erano troppo lontani e non capivo molto.
Ma dicevo, mio padre era anche interista. La casacca nerazzurra era pronta nell’armadio anche per me, ma mia sorella intervenne nel mio destino di tifoso con un colpo da maestra, e per questo la ringrazierò finché campo, perché la Juve è la Juve. Certo, qualcuno potrebbe giustamente obiettare che l’Inter è l’Inter, il Milan il Milan, la Sampdoria la Sampdoria. Non potrei contraddirlo. Se la Juve infatti fosse l’Inter, il Genoa l’Avellino, la Fiorentina il Napoli, non ci capirebbe più niente nessuno. Le trasmissioni sportive farebbero ascolti record annunciando solamente a fine programma quello che le squadre sono veramente.
“Rileggiamo la classifica: l’Inter vince il campionato con 82 punti ma…Attenzione: l’Inter quest’anno è il Torino, quindi il Torino vince lo scudetto!”
Nel capoluogo piemontese si ubriacherebbero di gianduiotti.
Mia sorella, dicevo, deviò il corso naturale delle cose. Grazie al suo folle amore per Antonio Cabrini, del quale aveva appeso in camera un poster fatto di fotografie ritagliate dai giornali. In sintesi il suo pensiero era: hai visto che bello Cabrini? Bello, bravo e gioca nella Juve. E qual è la squadra che vince sempre? La Juve. Quindi, ci misi del mio: notai che nella Juventus giocava con il numero 10 un campione rivoluzionario nel modo di muoversi, nell’eleganza, nell’intelligenza ironica delle dichiarazioni. Per tutte, una battuta fulminante. Prima di una partita importante l’avvocato Agnelli passa in rassegna i giocatori della Juventus. Michel Platini sta fumando una sigaretta e l’Avvocato lo riprende:
“Ma Platini insomma, queste sigarette…”
E Michel:
“Avvocato, l’importante è che non fumi Bonini…”
E va bene, dovevo parlare di Inter e la Juve invade il campo.
Mio padre era anche interista, e credo che per quello che è accaduto ieri sera sarebbe stato contento. Anche se il calcio è cambiato, l’Italia è cambiata, e l’isterismo antisportivo che acceca la maggioranza degli italiani forse gli avrebbe fatto passare la voglia si seguire lo sport nazionale. Suo fratello Franco, interista come lui, mi ha appena scritto che non ama più il calcio perché non gli piace una squadra italiana che schiera solo giocatori stranieri.
Oggi si celebra la vittoria dell’Inter, i due gol straordinari di un fuoriclasse come Diego Milito, signore argentino silenzioso incapace (a differenza del suo allenatore) di parole fuori luogo ed offensive nei confronti degli avversari. Si celebra Javier Zanetti, capitano indistruttibile, e il suo amico Cambiasso che solo un annebbiato Maradona può non convocare per i Mondiali.
Oggi da amante del gioco del calcio celebro l’Inter, non dimenticando ciò che ha permesso alla squadra di Moratti di diventare la squadra più forte d’Europa: una mezza farsa chiamata Calciopoli, miliardi spesi a pioggia senza alcun riguardo per il bilancio. Celebro l’Inter che ha vinto sul campo, anche con un po’ di fortuna, con episodi dubbi (Chelsea, Barcellona) che a parti inverse avrebbero fatto esplodere interismi alla Severgnini, avrebbero visto Mourinho invadere il campo, fare il segno delle manette, insultare allenatori, arbitri, giornalisti. Ma il tutto per cementare il gruppo, chiaro.
José Mourinho, allenatore geniale e affascinante, un Berlusconi della panchina, e mi fa sorridere osservare amici progressisti idolatrarlo per modi di fare così simili a quelli del Presidente del Consiglio che mi fermo a pensare: ma come, se ami uno dei due, non puoi non amarli entrambi.
L’Inter ha vinto la Champions League, Massimo Moratti ha coronato il sogno di ripetere l'impresa del padre Angelo che, come il mio, era interista.