Le cose che mi distinguono da Pirlo sono molte, ma le più evidenti sono di natura tecnica ed economica. Restando a quelle sul campo, mi ha sempre affascinato il coraggio di Andrea nel farsi dare palla al limite della propria area, pur sapendo di essere braccato dal centrocampista avversario, incaricato a contrastare sul nascere il generatore principale della manovra rossonera. Io invece da ragazzo, specie nei momenti cruciali di una partita, tendevo a nascondermi. Se portavo il 7 dietro il 3, se indossavo il 9 o il 10 vicino al 5 o all’8.
Pirlo no: si fa dare palla, la protegge come pochi altri al mondo utilizzando veroniche e altre rotazioni intorno al proprio asse (che gli sono state fornite in dotazione probabilmente da Dio) quindi la passa ai compagni, inventando traiettorie che sovente destano stupore negli appassionati.
Per sua fortuna, uno dei destinatari di questi suggerimenti si chiama Ibrahimovic, il quale a sua volte eccelle non solo nel segnare, ma anche nel mandare in porta Pato con cross calibrati, o rapide furbizie partenti da innocui calci di punizione.
Allo scadere del primo tempo, mentre il telecronista ricordava che, con la doppietta appena realizzata, il ventunenne “papero” brasiliano aveva raggiunto quota 40 gol in 81 presenze di serie A, i giocatori del Chievo si auguravano che il loro allenatore desse loro una confortante spiegazione su come fosse stato possibile giocare bene e ritrovarsi sotto due a zero, senza meritarlo. Pioli li avrebbe tranquillizzati, incitandoli tuttavia ad essere più precisi davanti ad Abbiati, peraltro in grande forma, prima di decidere per il doppio cambio Fernandes-Bentivoglio Thereau-Granoche.
Cambiando una vocale, ho pensato: “ecco dov’era finito…”
E poi che Henry David Thoreau, dopo due anni trascorsi isolato nei boschi di Walden, non avrebbe potuto scegliere che il Chievo per il suo esordio nel campionato italiano. Il filosofo e scrittore americano, nato a Concord nel 1817, si è presentato con un bel tiro da fuori, un colpo di testa in mischia, diversi scatti e tagli intelligenti. Ma al Céo questo non è bastato per pareggiare e anzi, dopo l’autogol di schiena di Ibra, i mussi hanno preso pure il terzo da Robinho, fino a quel momento comparabile al collega di maggior talento ma svogliato durante la partitella aziendale Scapoli-Ammogliati del giovedì.
Al termine di Milan-Chievo, mi sono chiesto se Andrea Pirlo fosse un consumatore abituale di pirlo (vino bianco frizzante, bitter, acqua di selz). Mi sono risposto di no, dandomi addirittura una spiegazione. Pirlo non beve il pirlo, perché vive ogni giorno un sogno realizzato, direi da circa 31 anni. Il consumatore il pirlo invece, cerca sensazioni piacevoli attraverso un bicchiere o più, non solo per la bontà dell’aperitivo, ma anche per rendere reali (almeno nello stato di ebbrezza) certi sogni nascosti che ormai per abitudine preferisce dimenticare.
Poi ho pensato a Thoreau, che la prima estate a Walden non lesse e scrisse nulla, ma zappò fagioli.