lunedì 16 gennaio 2012

Il posticipo_Milan-Inter (Sabato sera, un derby con Arthur Seaton)



Avevo visto Arthur Seaton dirigersi a passi malfermi verso la scale, ma nonostante fosse ubriaco fradicio e le possibilità che ruzzolasse dal primo scalino fino all’ultimo fossero molto alte, non avevo mosso un dito per salvarlo. Il Notts County aveva vinto in casa, e onestamente l’unica cosa che m’importava era finire la birra cantando con i miei amici fino a sentire le vene delle tempie pulsare felici e dimentiche di ogni cosa. Al White Horse Club era un sabato sera di beneficenza e il pub aveva spaccato la cassetta delle offerte scatenando la festa tra le sue quattro mura.

Arthur era rotolato, terminando dopo undici pinte di birra e dodici bicchierini di gin sul pavimento in posizione fetale, e rimetterlo in piedi con l’aiuto del cameriere non era stato facile. Fuori a prendere una boccata d’aria e una di Woodbine, Seaton mi aveva rivelato che di calcio aveva sentito parlare tante volte, e per una volta preferiva rimanere euforico e mezzo sognante, immerso nel ricordo confuso della terra fredda nel bosco scuro dove era stato con Brenda qualche ora prima, mentre il marito di lei era alla partita. Arthur odiava i mariti spenti, ma più di tutto odiava il castello che dominava la città. L’avrebbe fatto saltare in aria volentieri con mille tonnellate di tritolo piazzate nella galleria che ci passa sotto.

Camminando lentamente lungo la Ropewalk, ci eravamo addentrati in un quartiere tranquillo dove le buie palazzine di Park Row facevano la loro comparsa tra le tenebre.
”La domenica mattina io amo pescare trote in campagna, verso Cotgrave o Trowel. Il sabato sera invece mi sbronzo, è uno scoppio di vitalità che mi ripulisce da una settimana passata a sgobbare in fabbrica. Tu di solito che fai?”
”Io guardo almeno una partita e ci scrivo sopra un pezzo. Ti sembrerà incredibile, ma per ora nessun quotidiano mi ha proposto una collaborazione retribuita a riguardo. Comunque, potremmo unire le nostre abitudini e andare al Match”.
”Ma è il pub peggiore della città!”
”Lo so, ma fanno vedere Milan-Inter”.

Attraversando Derby Road, un gran rumore di freni e di ruote, per Arthur una martellata metallica sulla coscia e sul fianco. A terra vicino a una pozzanghera, Seaton bestemmiava, promettendo all’autista un brutto quarto d’ora. Ma il pilota investitore, decideva di difendersi con l'attacco:
”Maledetti idioti! Perché non guardate dove andate?”
Era stato un attimo.
Balzato in piedi, Arthur aveva puntato l’automobilista, riconoscendo in lui un editore dalla dubbia moralità che da due anni doveva del denaro ad un suo amico scrittore, Alan Sillitoe. Editore sfortunato questo di Sillitoe, colpito da una nuova sciagura ogni volta che era pronto a recarsi in banca per bonificare allo scrittore inglese il dovuto. Una volta si rompeva una gamba scivolando su una lastra di ghiaccio in primavera, una volta veniva colpito da un violento raffreddore che gli impediva di ragionare, in altre circostanze scopriva giusto quando era allo sportello pronto a pronunciare il fatidico Iban che suo suocero stazionava in gravi condizioni all’ospedale. Per farla breve, sotto lo sguardo pallido dell’editore furfante, Arthur gli aveva rovesciato l’auto, approfittando nella circostanza del mio convinto aiuto.

Sul maxischermo del Match, andava in onda una partita noiosa e fredda, decisa da un bel diagonale del principe Milito al nono del secondo tempo. Arthur ne approfittava per scrutare gli abitanti degli altri tavoli, fino a trovare qualcuno meritevole di essere preso a pugni. Perché in qualche modo anche il sabato doveva finire, senza pensare alla fabbrica che faceva morire di lavoro, ai sindacati che facevano morire di chiacchiere, alla previdenza sociale e all’ufficio delle tasse che ti facevano morire di rabbia per tutti i soldi che mungevano dalla tua busta paga. Poi tanto sarebbe arrivata una domenica mattina da solo a pescare, a domandarsi dove vanno a finire i pesci quando muoiono, rispondendosi che tutto sommato la vita è bella, se non ti butti giù, se sai che questo immenso mondo non ha ancora sentito parlare di te, no, neanche lontanamente, ma ormai ci manca davvero pochissimo.