lunedì 7 novembre 2011

Il posticipo_Napoli-Juventus (Una domenica d’impazienza)

Domani sera alle nove a casa tua. Appena sveglio avevo riletto il primo romanzo di Raffaele La Capria in poche ore, come a voler rivivere il tempo narrativo di un giorno in quello domenicale di lettura. Se il protagonista senza nome di Un giorno d’impazienza sperava che il suo appuntamento con Mira (ma in realtà con la Realtà) coincidesse con lo sbucare in qualche modo dall’altra parte dell’adolescenza, io mi accontentavo di sperare che il mio appuntamento serale significasse semplicemente giungere al termine di una giornata piovosa e lavorativa.

Poi sul tram per andare in libreria o allo stadio San Paolo, il negativo del finestrino mostrava l’ombra del mio volto, alla ricerca pure io della mia Mira, donna o meglio segreto per dare forma organizzativa al mio presunto stile. Ma se la Mira chiara di pelle come la sua collana di perle aveva cuore solo per l’arrestato Walter e non per l’io di La Capria, la mia ugualmente pareva temere l’evasione di prigione di un altro Walter, in galera per non essere mai stato capace di ammettere una sconfitta senza chiamare in causa l’arbitro, la sfortuna, il vento.

Verso mezzogiorno, poco dopo aver oltrepassato i Giardini della Villa Comunale, la pioggia sempre più violenta batteva contro il tetto del tram e le voci dei napoletani facevano arrivare anche alle mie orecchie la notizia di un morto, a Pozzuoli, colpito da un albero mentre era in automobile. Partita rinviata e tutti giù dal tram, ma già che ero a Napoli, andiamo a vedere questo famoso Nottambulo.

Nel locale dove Mira andava con l’amica Gina a farsi fottere da chi capitava, più che altro per passare il tempo, trovo Raffaele giovane intento ad aspettarla, a bere pernod fino a stare male. Prima che questo avvenga, siedo al suo tavolo, ordino a mia volta, il cameriere versa l’acqua nel bicchiere e il liquido diventa fumoso, lattescente. Lo bevo tutto d’un fiato e ne ordino un altro, perché Mira sostiene che inizia a funzionare solo dopo il secondo bicchiere. Sa di anice, e con l’impaziente al tavolino parliamo della partita che avrebbe potuto essere: un Napoli stanco dopo la trasferta di Monaco di Baviera, una Juventus lanciata dopo la vittoria sull’Inter. Di Lavezzi e Matri, di Inler grazie al cielo senza maschera del Re Leone e di Arturo Vidal con i capelli più alti nel mezzo. Napoli, Juventus.

Dopo l’ultimo pernod il maestro Raffaele appallottola stizzito la lettera che stava leggendo con amara emozione. Si alza ed esce dal Nottambulo, lo seguo. Investiti da un aria umida, autunnale, che proviene dal mare, diamo calci alla pallina di carta. Ecco Cavani che tocca per Hamsik, contrastato da Marchisio. Superiamo prostitute, macchine che passano veloci libere dal giogo dei semafori. Per una giornata avevamo atteso senza pazienza ed ora che restava di Mira, della partita?
Solo una parodia, il nostro essere ridicoli, pronti a ricominciare tutto da capo con le stesse parole e gli stessi pensieri, per ritornare nel cerchio al punto di prima e dire e fare le stesse cose, per ricadere, come se non ne avessimo avuto già abbastanza, in un altro giorno, in un’altra domenica d’impazienza.