domenica 6 marzo 2011

Il posticipo: Juventus-Milan (Il traghettatore Giuseppe Berto)


“E io ti assicuro che ci sono anche mal di testa che fanno piacere”, mi dice Giuseppe.
“Davvero?”
“Sì, Francesco. Sono quelli di domenica mattina, come adesso, quando anche il tuo cervello pare sciogliersi dopo cinque giorni da cassiere, dopo cinque mesi da cassiere. L’ho imparato da quando sono quasi guarito, io.”
“Quindi secondo te non è colpa di Berlusconi se con dieci anni di esperienza in libreria ora mi ritrovo cassiere?”
“No, lo escluderei. E per dimostrartelo ti accompagno a prendere i biscotti e le caramelle dove va anche lui, in via Meravigli, quella dove il tram numero 16 rallenta prima di affrontare la curva verso destra che lo porterà in piazza Cordusio”.

Passeggiando nel sole di Milano, Giuseppe continua:
“Il mio libro più vero penso sia senz’altro Il male oscuro; quello scritto meglio, La cosa buffa; quello intellettualmente più impegnato, La passione secondo noi stessi. Visto che tu, Francesco, hai sete di verità, chiedimi pure quello che vuoi dell’oscurità, e del male.”

Me n’ero dimenticato, ma anni fa, nel mio tascabile de Il male oscuro, avevo incollato una tua fotografia, trovata credo sul Corriere, appena sotto il titolo. Avevi una camicia bianca, una cravatta chiara e dietro la finestra un albero. Roma? Calabria? Stavi scrivendo il tuo romanzo più vero o quello scritto meglio?
Poi avevo trovato una copia rilegata del 1964 del tuo male, tredicesima edizione, con il labirinto giallo e nero in copertina, e in seguito quando mi era capitato di aver voglia della tua prosa più malvagia avevo sempre letto quella. Per questo della fotografia non mi ricordavo più.
Eri in Calabria, mi dici, si vede anche poco mare se ci fai caso, ma non ricordi cosa stessi scrivendo.

Nella bottega più golosa di Milano (Battimelli, Specialità dolciarie dal 1940), in via Meravigli, abbiamo preso delle caramelle alla menta Leone, di Torino. Abbiamo sorriso leggendo un biglietto incorniciato appeso alla parete del Presidente del Consiglio che ringraziava per dei dolci ricevuti in occasione di un suo recente compleanno, pur sottolineando che, a partire dal compimento del trentacinquesimo, i suoi anni si erano definitivamente fermati a trentacinque. Il tempo di tornare seri, e ce lo siamo trovati alle spalle Silvio con tre biglietti per Juventus-Milan.

Con Berto e Berlusconi che mi contendevano a colpi di mani rapide le ultime caramelle del sacchetto, anche una brutta partita mi ha donato aspetti piacevoli. Una Juve volenterosa cercava d’imitare certe grandi squadre bianconere del passato, ma senza creare occasioni di rilievo a causa della mediocrità tecnica dei vari Sorensen, Melo, Martinez e Toni. Il Milan sonnecchiava, ma quando uno dei suoi talenti si svegliava dal torpore, gli spettatori più attenti intuivano come sarebbe andata a finire. Era il caso della bella azione di Cassano verso la mezzora che, prima di sparare alto da pochi passi, aveva fintato in modo magistrale facendo scivolare il grottesco Traoré fin quasi oltre i cartelloni pubblicitari.

Nel secondo tempo, a caramelle finite, arrivava pure il goal di Gattuso, una grintosa ciabattata dal limite che la controfigura di Buffon non riusciva misteriosamente a bloccare. Juventus 0, Milan 1.
Da questo momento la Juve sprofondava nel suo male oscuro, il Milan non infieriva tornando a pennichellare, sognando un meritato scudetto sempre più vicino. In tribuna d’onore restavo solo al fianco di Berlusconi.

Nelle interviste del dopo partita, Marotta e Del Neri ostentavano comunque serenità. Si trattava è vero della terza sconfitta consecutiva, ma era andata meglio rispetto a quelle con Lecce e Bologna. Uno a zero invece che due a zero. Un giornalista di Sky tuttavia, incalzava il direttore generale della Juventus:
“La panchina di Del Neri è a rischio?”
“No, cioè sì. Il nuovo allenatore lo sceglieremo a maggio. Per adesso abbiamo pensato ad un traghettatore esperto, propenso a mirare, tanto per citare un sua frase, non al successo ma alla gloria. Perché rispetto al successo la gloria è tutt’altra cosa, per quanto coloro che si godono il successo siano di parere contrario nonostante gli esempi del passato. Ecco, è giunto il momento di presentarvelo: vieni Giuseppe.”

E fu così che, sciarpa bianconera al collo, ebbe inizio la prima intervista di Giuseppe Berto da allenatore della Juventus.