martedì 11 gennaio 2011

Il posticipo: Napoli-Juventus (Il nuotatore Edinson Cavani)



Ormai nove anni fa, vidi per la prima volta Napoli. Ero in compagnia di un amico, ancora vivo anche lui.
Travolto emotivamente da quella città del sud che, come altre (Lisbona, Barcellona, Roma) mi facevano pensare di provenire in qualche modo da lì, con chiaro riferimento alla dottrina induista della trasmigrazione dell’anima, un pomeriggio mi separai da Giampiero, per inoltrarmi solitario lungo le strade di Totò, Diego Maradona e Massimo Troisi.
Di fronte all’università, una piazzetta era lo scenario abitato da una piccola libreria che invece dei sacchetti di plastica dava delle buste di carta marrone per metterci dentro i libri, come fossero pane. Comprato “Il nuotatore”, di John Cheever, mi ero seduto su un muretto a leggerlo, e mentre il protagonista si tuffava e riemergeva dalle piscine delle ville a quindici chilometri da Bullet Park, dei bambini si sfidavano a pallone in uno spazio di cemento minimo, circondati da automobili che facevano da spalti.
A differenza di quello che mi avevano insegnato da ragazzino, ogni tanto tiravano delle bombe contro le portiere e i cofani, e questa loro insubordinazione nei confronti di leggi che consideravo universali, li rendeva affascinanti e tutto sommato divertenti, soprattutto perché non ero uno dei proprietari delle macchine.
Nuotavo con John Cheever, scoprendo uno degli scrittori più straordinari mai conosciuti, prima di ritrovarmi, dopo una discreta camminata, seduto su alcune pietre lanciate perpendicolarmente al lungomare verso il vuoto blu.
Qui, mi ero sorpreso dopo qualche tempo a scrivere una poesia. Aveva a che fare con bottiglie rotte da ragazzi ubriachi e scagliate in mare, con un berretto di vari azzurri, e con il timore che qualcuno mi rubasse il quaderno dove scrivevo le poesie.

Rileggendo “Il nuotatore"” a distanza di dieci anni, ho notato che non ha perso niente della sua breve perfezione. Ho pensato di chiamare Giampiero per dirglielo, l’ho trovato d’accordo.
Deve aver pensato lo stesso Edinson Cavani quando, al nono del secondo tempo, si è tuffato in mare per colpire il pallone e indirizzarlo per la terza volta alle spalle di Marco Storari. Di testa, o forse di tacco. Napoli 3, Juventus (post 2006) 0.

Allo fine tutto lo stadio si è messo a cantare la vita del soldato innamorato, e anche attraverso il teleschermo, sentivo la medesima pelle d’oca che avrei certamente provato stando al S. Paolo perché, per un misterioso motivo probabilmente legato di nuovo alla dottrina della trasmigrazione dell’anima, la canzone del soldato innamorato mi ha sempre fatto venire la pelle d’oca in condizioni normali, figuriamoci cantata dai sessantamila del S. Paolo.

Nel dopo gara, il presidente De Laurentis non ha rilasciato dichiarazioni sul nuotatore di Cheever, ma ha ritenuto doveroso precisare che lo scudetto comunque lo vincerà il Milan, perché Berlusconi farà di tutto per ottenerlo, anche influenzare gli arbitri nelle decisioni riguardanti il convalidamento di reti in fuorigioco fatte passare per regolari.
Questa affermazione, ricordando certe telefonate del 2006 tra “addetti agli arbitri” rossoneri e guardalinee, e altri carteggi cellulari scoperti (chissà come mai solo da pochi mesi) tra i santi Moratti e Facchetti e i designatori di quel tempo, mi ha per un attimo intristito.
Vuoi vedere che i campionati sono tutti truccati e noi stiamo qui ancora a guardare le partite come degli allocchi? Oppure, vuoi vedere che i campionati non sono truccati ma gli italiani sono i più bravi del mondo a pensare sempre alla malafede delle giacchette nere? E infine, quali i punti della storia di John Cheever non hanno convinto Aurelio De Laurentis?

Nel dubbio, ho preferito seguire Neddy Merril, il protagonista del racconto, fino all’ultima piscina. L’ho visto crollare mettendosi a piangere. Infelice, infreddolito, stanco, sgomento. Ho seguito il nuotatore mentre riusciva a stento ad arrivare a casa, trovandola immersa nel buio e chiusa a chiave, fino ad accorgersi che era disabitata.