mercoledì 9 luglio 2014

Maracanazo: Brasile-Germania. Il muratore jugoslavo e il Cacao Meravigliao


Milano – Al bar del mattino un muratore jugoslavo batteva il pugno sopra il bancone e imprecava per un lavoro che aveva già fatto e gli toccava adesso rifare, non per colpa sua ma a causa di un cliente o del capo stronzo o di un altro muratore che aveva messo le mani dove non avrebbe dovuto e adesso insomma gli toccava rifarla da capo, la parete, porca puttana quanto tempo perso e il tempo erano soldi. Poi aveva da finire quell’altro lavoro in quell’altra casa, e ci sarebbe pure stato da trattare sul prezzo come al solito perché quando c’era da pagare diventavano tutti uguali, lo jugoslavo azzannava la briosche e tirava una Madonna prima di immergerla nel cappuccio. Io approfittavo del mio, di cappuccio, per poi entrare nell’ex-libreria come ex-libraio, adesso cassiere in virtù di un’indubitabile meritocrazia, quanti nuovi romanzi orrendi mi spiavano dagli scaffali, la folla italiana in lacrime per la scomparsa dello scrittore famoso un tempo comico, era una lotta tra lui e il Premio Strega Francesco Piccolo, per una volta non c’erano dubbi meglio il Premio Strega anche se Il desiderio di essere come tutti io avevo smesso di leggerlo dopo cento pagine, senza una precisa ragione o forse sì. Avanzavano scontrini e mattinata e le condizioni per l’isteria collettiva c’erano tutte, del resto pioveva, in Brasile un’infermiera era stata licenziata per aver filmato con il telefonino Neymar trasportato in barella dentro l’ospedale, la notizia campeggiava su tutti i giornali insieme al Papa che scomunicava i camorristi che allora non andavano più a messa e al commento all’accaduto dell’autore milionario specializzato in anti-camorra. Le condizioni per l’isteria collettiva c’erano tutte: il muratore jugoslavo, l’infermiera impiccata negli scantinati dell’ospedale per aver filmato sorridente il Dio del pallone, altro che Maracanazo, i giocatori del Brasile durante l’inno nazionale sembravano donne sull’orlo in un film qualsiasi di Pedro Almodovar, la Germania entrava sul terreno di gioco dello stadio Mineirao indossando a sorpresa e con genialità la maglia del Flamengo al posto dell’abituale casacca bianca e questa mossa sparigliava gli equilibri, in ventinove minuti i tedeschi ne facevano cinque con Mueller, Klose, Kroos due volte e Sami Khedira, migliore in campo. Cacao, meravigliao. L’Onu decideva d’intervenire solamente tra il primo e il secondo tempo e al risveglio, di fronte alla popolazione verdeoro attonita, Scolari sostituiva la macchietta verde Hulk con Ramires e Fernandinho con Paulinho. La risultante era un Brasile all’arrembaggio nei primi minuti che tuttavia sbatteva contro il consueto, insuperabile Neuer. Qualche giocatore del Brasile cominciava a tuffarsi in area di rigore alla ricerca del disperato goal della bandiera, con attaccanti come Fred e Bernard (un Giovinco meno decisivo) in effetti non si poteva certo sperare di segnare su azione. Verso la mezzanotte italiana pareva evidente che la Seleção non avrebbe mai gonfiato la rete e che anzi sarebbe toccato nuovamente ai tedeschi arrotondare con una  doppietta dello spettinato Schürrle, ma all’ultimo minuto disponibile invece il magrolino Oscar riusciva a compiere il prodigio trafiggendo sul primo palo un arrabbiato Neuer e fissando un risultato che nessuno avrebbe pronosticato alla vigilia: Brasile 1, Germania 7. Al triplice fischio le lamentele del pubblico brasiliano non erano neppure esagerate considerata la situazione, prevaleva lo sconcerto, Thiago Silva con il cappellino bianco di Neymar raggiungeva il campo per consolare i compagni e in particolare proprio il giovane Oscar, mentre i tedeschi salutavano i pochi sostenitori saltellando ubriachi e festosi verso la finale del Maracanã. Argentina oppure Olanda? Domani sera tutti ne avremmo saputo di più.