domenica 15 aprile 2012

Il posticipo_Milan-Genoa (Quando Cassano scoprì Romain Gary)

Quando Antonio Cassano scoprì Romain Gary, poteva dirsi ormai completamente guarito. Il lasciapassare per tornare a giocare che i medici gli avevano firmato cinque mesi dopo l’intervento al cuore valeva per lui sensibilmente di più di tutti i soldi del mondo, al massimo pari dei baci della moglie Carolina.

Durante la convalescenza aveva scoperto un parte di se stesso nel Momò de La vita davanti a sé, impegnato a diventare grande negli anni sessanta di una Parigi in bianco e nero, e dopo l’ultimo allenamento a Milanello aveva deciso di mettersi in auto e di raggiungere Belleville.
Trovato il condominio in periferia, era salito per sei piani senza ascensore fino all’appartamento dove Madame Rosa si occupava dei bambini che avevano una madre prostituta e un padre ignoto, aveva bussato prima piano poi con insistenza, senza ottenere risposta.

All’interno, l’ebrea Madame Rosa in vestaglia rossa utilizzava i suoi novantacinque chili (troppi, per due gambe sole) per convincere Momò e gli altri piccoli figli di puttana a non aprire: e se fosse stata la Polizia francese risolta a caricare tutti sui camion per portarli prima al velodromo e poi sui treni per la Germania? Madame Rosa da quella faccenda non si era più ripresa, e sotto il suo letto di ex ragazza da marciapiede conservava un quadro di Adolf Hitler che ogni tanto estraeva e osservava per ricordare a se stessa che da quando era tornata da Auschwitz “non aveva avuto altro che fastidi”. Ma poi, dallo spioncino era Cassano e i bambini allora l’avevano obbligata.

Chiesto di Mohammed, Antonio era riuscito a convincere Madame Rosa a deportare il marmocchio verso San Siro, con la sola condizione che Momò fosse accompagnato anche da Arthur, il suo amico-ombrello vestito da capo a piedi che gli permetteva di racimolare fino a venti franchi al giorno a fare il pagliaccio in rue Pigalle o rue Blanche.

Ai controlli pre e post tornelli, nonostante le garanzie del fantasista di Bari vecchia la Polizia italiana aveva fatto storie: l’ombrello vestito non poteva entrare allo stadio, spogliato invece sì. Quindi, attraverso la pancia dello stadio erano giunti alla panchina dove Cassano si era accomodato in compagnia di Amelia, Mexes, De Sciglio, Aquilani, Emanuelson e Maxi Lopez.

A pochi minuti dal fischio d'inizio tuttavia, la tragica notizia della morte sul campo del giovane calciatore del Livorno Piermario Morosini aveva azzerato la voglia di vivere alla maggior parte degli spettatori, e solo Momò aveva trovato opportuno raccontare ai panchinari rossoneri di Nadine, una bionda doppiatrice cinematografica incontrata per caso vicino a rue de Ponthieu che conosceva il segreto per far andare il mondo all’indietro. In fondo, era l’unica cosa da desiderare con tutto il cuore.
Rinviata la partita, Milan e Genoa l’avrebbero sostituita con un a loro avviso più rispettoso allenamento. Cassano e con lui la maggioranza degli umani invece, avrebbero pensato al miracolo di esistere, e alla fortuna di avere ancora una vita davanti a sé. Bisognava voler bene.