lunedì 23 aprile 2012

Il posticipo_Juventus-Roma (Pedro Paramo, oppure Arturo Vidal)


Andai a Comala perché avevo letto che Juan Preciado vi si era diretto per trovare suo padre, Pedro Paramo, esaudendo così il desiderio di sua madre moribonda. Quando finalmente lei gli aveva liberato le mani vive dalle sue morte, Juan era partito. Arrivato a destinazione, ogni cosa era abbandonata, le case vuote e invase dall’erba capitana, ma soprattutto Pedro Paramo defunto sgretolato come se fosse un mucchio di pietre. La fine meritata di un tiranno. Meglio niente padre, che quel padre.

A Comala, mi era bastato osservare le stesse nuvole spumose che Juan aveva guardato come ultima cosa fare mulinello sopra la sua testa prima di essere ucciso dall’asfissia per girarmi e cominciare a correre a gambe levate, lontano da quel paese di spettri dove nessuna vita era possibile. Echi di voci mi facevano vento, fogli sportivi svolazzanti di quotidiani del sabato contenenti furbe menzogne calcolate mi rallentavano, circondato da fantasmi. Convinto comunque di andare veloce, ero stato doppiato da un cileno Arturo sorridente, con due uncini al posto dei piedi, appena uscito da una baracca-bar dove aveva buttato giù un paio di bicchieri di Pisco Sour.

Oltre le costruzioni in rovina, in periferia si stagliava la sagoma grigia di uno stadio luccicante. Sorpassando la gente in coda, ingannando le forze dell’ordine ancora scosse filosoficamente dalla consapevolezza di essere mandate allo sbaraglio ogni domenica a fronteggiare delinquenti da curva certi dell’impunità, il corridore Arturo si era fermato solamente all’interno dell’area di rigore per calciare in rete il pallone ricevuto da sinistra dal rosa-stellato De Ceglie: Juventus 1, Roma 0. Il tempo di battere il centrocampo, e ancora il cileno scaricava dal limite un diagonale angolato in movimento questa volta su assist di Mirko Vucinic. All’ottavo minuto, la partita era già conclusa, anche se tutti per differenti motivi facevano finta non fosse vero. Ci avrebbero pensato Pirlo alla mezzora su rigore prima parato da Curci poi no e Marchisio al cinquantaduesimo con un magro effetto dai sedici metri a fissare il risultato sul 4-0.

Sbrigato il suo dovere, a venti dal termine Vidal avrebbe ottenuto dall’allenatore un meritato riposo anticipato. In panchina, ricordando per un attimo il padre che l’aveva abbandonato a quattro anni con madre e cinque fratelli, Arturo sarebbe tornato con la memoria alla misteriosa e affascinante complessità di Pedro Paramo, ultimo lavoro letterario di Juan Rulfo, dentro il quale un figlio parte alla ricerca del padre. Dopo quel secondo libro, lo scrittore-copista di Città del Messico aveva ritenuto conveniente non scrivere più nulla: il terzo avrebbe potuto essere brutto. Si poteva vivere anche facendo solo il copista. O il centrocampista. Meglio niente padre, che certi padri.