martedì 1 dicembre 2009

Caro Guerin


La prima volta proprio non riesco a ricordarmela. Eppure M. resta sempre stupita di quante cose dell’infanzia io sia in grado di recuperare. Ma la prima volta che ho letto il Guerin, davvero non me lo ricordo. Mio padre non lo comperava, nonostante si chiamasse quasi come il giornale, quindi devo aver fatto da me, probabilmente attratto dal colore verde della scritta Guerin Sportivo, o dal guerriero in pantaloncini bianchi e canottiera verde che, con i piedi sulla V e sulla O, lancia una penna come fosse un giavellotto.
Ma ricordo tante altre volte in cui il Guerin mi ha fatto compagnia con la sua rara capacità di non fami pensare a nient’altro, specie quando i pensieri mi portavano verso luoghi che avrei preferito non visitare mai. Bastava nascondere la faccia dentro quelle pagine per dimenticarmi del resto, e chissà perché, i ricordi più limpidi di queste mie letture sono legati a momenti d’indisposizioni più o meno gravi. Dalle semplici influenze ai ricoveri ospedalieri, quando cominciavo a stare meglio lo capivo dal fatto che l’odore del Guerin mi saliva per le narici, le immagini del Film del Campionato mi facevano stare con gli occhi incollati ai movimenti dei giocatori ritratti nelle fotografie perché, nonostante tutti sostenessero il contrario, i calciatori che osservavo io in quelle pagine si muovevano, eccome. E allora da bambino broncopolmoniti, braccia rotte, risvegli post-operatori avevano come comune primo segnale di ritorno alla vita normale quello di poter sfogliare il settimanale fondato nel 1912. Perfino all’ospedale militare di Padova dove ero finito per un sorprendente quanto tardivo morbillo, che emozione avevo provato quando mia madre era arrivata da Brescia per trovarmi, estraendo dalla borsa...il Guerin Sportivo. Il mio sguardo era scivolato subito sui colleghi di malattia, per fortuna disattenti o rantolanti nelle loro febbri, incapaci così di cogliere il passaggio del Guerin dalla borsa materna al sicuro nascondiglio rappresentato dal cassetto del mobiletto a fianco del letto. Perché i giornali prestati durante la naja quasi mai tornavano, e col Guerin non me lo potevo permettere di rischiare.
Per anni non l’ho più preso il Guerin, dovevo recuperare il tempo perso e leggere libri, ed ero così stupido da pensare che una lettura escludesse l’altra. Poi ho ricominciato. Ho conservato per anni i numeri, infine li ho buttati. Forse non avrei dovuto, ora mentre scrivo penso proprio che non avrei dovuto, e figuriamoci come mi sono sentito nell’apprendere che quel bravo scrittore di Gurrado possiede tutti i numeri dal 1988. L'ha scritto lui sul suo blog. Se fossi stato più deciso e lungimirante, ho subito pensato, essendo più anziano dell’amico Antonio di ben sei anni, avrei probabilmente potuto avere ancora a casa tutti i numeri a partire, ad esempio, dal 1982. Dio, anche i Guerini di quell’estate con i cross di Bruno Conti, e le reti assurde e implacabili di Paolo Rossi. E invece no. Se un giorno (folle ipotesi) sarò ricco, me li potrò magari ricomprare da qualche collezionista, ma non sarà la stessa cosa, non saranno comunque i miei.
Ma tutto questo per dire cosa? Che il martedì era un giorno speciale. Ogni martedì era il giorno del Guerin. Martedì belli, martedì orrendi, in edicola arrivava il Guerin. Ora ci arriverà una volta al mese. Sarà un giornale di 180 pagine, annuncia il direttore Marani nel suo editoriale, con un’ampia parte dedicata dal calcio internazione, e almeno questo non mi dispiace. Vedremo. Ma mentre rileggo il corsivo di Marani (magari ho letto male dai, questa mattina alle 7.30 prima di entrare al lavoro), scorgo con maggiore chiarezza un logo rosso raffigurante una G e una S messe in centro alle righe. No, non può essere. Matteo Marani: voglio sperare che questo non sia il nuovo logo che andrà a sostituire la scritta verde e il guerriero lanciatore di penne. No Matteo, questo no.