lunedì 15 settembre 2014

A passeggio con il campionato (2)


Milano - Provo quasi un malessere fisico quando mi reco al lavoro domenicale, i cattolici entrano a messa al piccolo trotto, sorvolati dai piccioni, donano al mendicante immigrato appollaiato sugli scalini un paio di spiccioli, anche se puzza un po' e loro sono tutti vestiti così bene. Ma poi mi passa, dico la storia del lavoro domenicale, entro in libreria e prendo il romanzo o il saggio che nel corso della settimana mi ha più colpito, lo appoggio al mio fianco nella postazione che mi spetta, ultimamente a sorpresa la cassa numero 7, consapevole e speranzoso che al momento opportuno tornerà utile come ancora di salvataggio quando le code dei clienti si faranno lunghe, e semplici lobotomizzati oppure raffinati (ai loro occhi) radical chic inizieranno a sbuffare per l’attesa, fregandosene dei perché e del contratto di solidarietà. Talvolta basta uno sguardo al mio amico libro per ritrovare contatto con la realtà, continuare a fare il mestiere che preferisco e che mi viene negato, questo week end è la volta di Ugo da Guzzano, di Ugo Cornia e dei suoi Animali (topi gatti cani e mia sorella), di una casa di famiglia sull’Appennino bolognese, di una vecchia casa dove gli animali sono una presenza nota. Non che io ami particolarmente gli animali, specie i cani trasformati in sottospecie umana da noiosi padroni di bestie che spesso mi capita di sorprendere mentre ad esempio infrangono le leggi del raccoglimento dell’adorata cacca o del guinzaglio obbligatorio nei parchi pubblici, ma lo stile di Ugo Cornia che mastico da anni quello sì, con quel suo in apparenza grazioso non prendersi sul serio in un mondo letterario dove invece, poi non lo so.
Ma ecco spuntare tra la folla il noto giornalista con le sue belle bretelle e il suo serafico sorriso:
“Buongiorno Francesco, che ne dice di consigliare il mio nuovo libro? Ha visto le mie bretelle? Il mio serafico sorriso?”
“Certo signore, le sue bretelle non passano inosservate, e nemmeno il suo serafico sorriso. Però guardi per via del libro ci penso, al momento sto già consigliando Animali (topi gatti cani e mia sorella) di Ugo Cornia, non vorrei fare confusione. Tuttavia se lei salta la barricata e batte qualche scontrino al posto mio possiamo trovare un accordo, Walter Mazzarri si è rotto una mano contro il filo spinato, oppure cadendo dalle scale e vorrei verificare di persona.”
Il giornalista allunga la bretella con un dito, prende la rincorsa e salta dentro al loculo di legno e vetro che costituisce il mio soggiorno per fortuna non definitivo, sono momentaneamente libero e posso così recarmi allo stadio Meazza in San Siro dove Mazzarri, probabilmente per via della scivolata scalina che gli ha fatto percepire l’esile provvisorietà dell’esistenza, propone una formazione spregiudicata con addirittura i qualitativi Kovacic ed Hernanes a supporto delle punte Icardi e Osvaldo, il tutto ben bilanciato dal temibile Medel, molto più di un feroce pitbull. L’allenatore Eusebio del Sassuolo invece risponde con un 4-3-3 caratterizzato dal tridente offensivo Berardi-Zaza-Sansone, ma da subito si mette a sedere sul lettino del personale calcio psicologico ed espone al medico tutta l’incoscienza del proprio bagaglio zdzenekzemaniano. Andrà a finire con il neo-portiere neroverde Consigli costretto a recuperare il pallone meneghino in fondo al sacco per una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette volte: Icardi, Kovacic, Icardi, Osvaldo, Icardi, Osvaldo, Guarin. Inter 7, Sassuolo 0.
Mi sfrego le mani e m’incammino verso la libreria, non che sia diventato di colpo interista, ma ho pronosticato la squadra di Mazzarri come terza forza del campionato e se le cose proseguiranno di questo passo, con questo assetto tattico ci sono buone probabilità che io possa vantarmi a fine anno con gli amici del bar, come in altre numerose circostanze. E poi grazie al giornalista ho evitato almeno due delle otto ore di cassa 7. Ritorno in libreria e dopo molti scontrini battuti il suo sorriso è meno serafico, le sue bretelle meno elastiche, il suo volto oscuro. Chiudiamo insieme le saracinesche e la messa è finita, andiamo in pace.