lunedì 10 dicembre 2012

Finalente domenica! (16)


Wittgenstein, dicevamo. Non se ne parla mai abbastanza. Alcuni lo confondono con Lewandowski, ma il centravanti polacco del Borussia Dortmund non ha lo stesso sguardo svagato eppure magnetico. Nonostante questo si muove bene negli spazi (guardate il primo goal ufficiale di Euro 2012 per avere un’idea), non mi dispiacerebbe affatto come numero 9 per la mia squadra, e volendo creare confusione la targhetta col suo cognome potrebbe ben figurare negli scaffali di filosofia, al momento i miei preferiti in libreria. Mi sono messo a parlare di questo col cliente anziano e squilibrato che sabato voleva sapere in quale libro di Nietzsche fosse presente “Il viandante”, probabilmente nel secondo tomo di “Umano, troppo umano”, non precisamente, quello è un altro viandante, e la sua ombra, il viandante normale invece è nella terza parte di Also sprach Zarathustra, infatti, comunque lui voleva spedirlo a quelli del mattino (o de Il Mattino?) che hanno ancora la fotografia di Sarkozy sulla scrivania, e il campanellino. Così mi ha detto l’anziano, e io ho pensato ma questo è completamente matto, campanellino, anche se magari nella sua testa il ragionamento per associazioni d’idee in qualche modo filava diritto: il viandante di Nietzsche, il mattino oppure Il Mattino, Sarkozy, campanellino.

Nel pomeriggio per reazione mi sono messo a leggere Sebald, Austerlitz, non un luogo ma il protagonista del romanzo secondo lo scrittore tedesco, un mezzo sosia di Wittgenstein, Austerlitz non lo scrittore tedesco, specie per via dello zaino che entrambi portavano sempre con sé, quello di Austerlitz comprato per dieci scellini poco prima d’iniziare l’università in un surplus-store in Charing Cross Road dove la merce proveniva da vecchie scorte militari svedesi, quello di Wittgenstein non so. Non facile però leggere Austerlitz giocando contemporaneamente con Pietro a macchinina di legno verde e blu, roba da stare in piedi a girare le pagine e a sottolineare anche se poco, a muoversi per le due stanze giocando e leggendo, piegandosi e alzandosi a ripetizione, almeno fino a quando il fascino dell’Adelphi bianco non ha sostituito nel bambino quello per la macchinina verde e blu e allora addio, l’esercizio di buon padre è diventato impedire con dolcezza a Pietro di distruggerlo l’Adelphi bianco, e di non infilzarsi l’occhio con la matita ben temperata di Radio 3  che avevo preso due anni fa a “Più libri più liberi”, festival letterario romano al quale stavolta non ho partecipato perché purtroppo non mi hanno invitato. Sarà stato per questo motivo che non sono riuscito a farmi piacere Austerlitz fino in fondo (perché ho dovuto leggerlo in piedi o inginocchiato? Perché non mi sono recato a Roma?) a differenza del mio amico Fred Perannunzi, scrittore francese che mi dicono essere un po’ come me francese, o meglio io come lui italiano, che mi spiace molto non parlare francese altrimenti lo chiamerei per dirgli Hey Fred ma sei tu ad essere il me francese oppure io ad essere il te italiano? Ma non lo so, il francese, e non ho tempo per studiarlo, altrimenti mi sarei già trasferito in Francia magari sulla Costa Azzurra, oppure a Parigi, questo è ancora da decidere nelle immaginazioni parallele alla mia vita reale.

Non ho altro da dire questa domenica, fa troppo freddo, se non che forse da ragazzo avrei dovuto fare come Wittgenstein, e di ritorno dalla prima guerra mondiale avrei dovuto liberarmi della cospicua eredità paterna con delle beneficenze, e decidere di vivere per sempre senza inutili orpelli, vestendo decorosamente ma con estrema semplicità, tra pochi mobili essenziali e nessun oggetto che non fosse strettamente utile. Ma non ho avuto guerre, non ho avuto padri, non ho avuto eredità, e allora ho pensato bene di andare a lavorare e di lasciare stare la filosofia.