giovedì 6 ottobre 2011

Il posticipo_Juventus-Milan (Il pazzo Allegri, il savio Conte, il piccolo principe Marchisio)



“Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altri simili cause.”
(Alberto Moravia, La noia)


Non era la prima partita che Balestrieri e Dino guardavano insieme, espediente come altri per stabilire chi dei due avesse ragione nei confronti della realtà. Balestrieri era forse un pazzo la cui pazzia consisteva nell’illusione di poter avere un rapporto con la realtà, ossia di essere savio, come cercavano di dimostrare le sue tele di anziano pittore. Dino era forse un savio la cui saggezza, però, consisteva nella profonda convinzione che tale rapporto fosse impossibile, in definitiva un savio che si credeva pazzo.

Stufi di dipingere, di fuggire dalla morte Balestrieri, dalla madre Dino, entrambi dall’amore e dal sesso con la bella Cecilia, graziosa ma dopo un po’ pure lei noiosa, nonostante i futili tentativi di Dino di appropriarsene in modo totale rubandola al Balestrieri, facendo l’amore con lei, coprendo il suo corpo nudo di banconote...nonostante tutto questo, la noia di quando era bambino prepotente ritornava, quello stato non contrario al divertimento comunemente inteso, anzi forma di divertimento essa stessa, perché capace di produrre distrazione e dimenticanza, sia pure di un genere particolare. Una noia come insufficienza, inadeguatezza, o scarsità della realtà.

E allora perché non alzare il telefono e chiamare Balestrieri, prima che morisse?
“Sono Dino, vediamoci in un bar dove danno Juventus-Milan, e confrontiamo ancora una volta le nostre realtà, pazzi o saggi.”

Oltre i rumori del locale abitato dai temibili tifosi delle fazioni contrapposte, divise in fondo solo da una riga bianca invece che rossa, oltre le loro grida arrossate, nel tavolino ad angolo, Balestrieri e Dino, senza dipingere donne o nature morte, guardavano.
La realtà sussurrava ad alta voce di una Juventus che correva, e di un Milan che camminava. Dei bianconeri di un frenetico Conte che attaccavano per vincere, dei rossoneri di un nervoso Allegri che speravano in un contropiede. Finiva 0-0, dopo una traversa di Vucinic e altri 18 tiri bianconeri (7 nello specchio della porta) contro i 5 dei rossoneri (1 nello specchio della porta). Troppe occasioni sprecate da una scalognata Juventus. Anzi no.
A tre minuti dalla fine, il piccolo principe Marchisio riceveva sul piede, sotto forma di rimpallo, tutta la fortuna che per ottantasette minuti si era crudelmente negata all’undici torinese, peggio di Cecilia quando disertava gli appuntamenti con Dino per mostrasi a qualcun’altro. Al minuto novantadue, ancora Marchisio questa volta al volo da fuori area, sorprendeva il poco concentrato Abbiati sotto le gambe. Juventus 2, Milan 0.
Balestrieri e Dino restavano con i loro quadri inconciliabili e differenti, con la loro idea privata e difforme di rapporto con la realtà. Allegri annoiato dal risultato preferiva litigare con l’opinionista Sky Mauro. Conte svociato nonostante le caramelle al miele pre-partita, rincorreva e abbracciava uno alla volta i giocatori che, almeno per una sera, avevano fatto resuscitare una Vecchia Signora.