venerdì 5 agosto 2011

La tregua benedetta



Così ogni tanto vado in via Terraggio 21, sottoterra, dove una stanza nasconde libri usati. Prima passo in Sant’Ambrogio, sempre stupito di come la bellezza possa trasformarsi in mattoncini. Talvolta entro e faccio due passi, accendo una candela, osservo certi antiquati videotelefoni che vorrebbero raccontami la storia della basilica. Ma adesso, c’è Internet.


Nella stanza qualcosa trovo sempre, più spesso sono costretto controvoglia a scegliere. Diversi Morselli-Adelphi di un tempo mi guardano dalle librerie, ma li ho già. Però, che belli. Allora tocca a Mario Benedetti, edizioni Nottetempo.


La Tregua un romanzo straordinario, che respinge i miei iniziali e prevenuti dubbi relativi alla struttura diaristica. Da un febbraio all’altro una lezione di scrittura che mi tiene incollato, tranne quando alzo la testa e sorrido per le 6 euro spese, pensando a certe 18 o 20 richieste dal mercato per romanzi pessimi, costruiti in laboratorio per lettori pigri, scritti da individui vanitosi che urlano ai quattro venti di essere “scrittori” e di aver pubblicato molti libri. La quantità, prima di tutto.


Lunedì 29 aprile

Io sono rimasto lì per un bel po’, davanti alle mie carte, senza sapere che fare, ero commosso, credo. Mi sentivo scombussolato come da tempo non mi succedeva. E non era il nervosismo tipico di uno che vede una donna che piange o sul punto di piangere. Era un turbamento tutto mio, solo mio: il turbamento che viene dall’assistere alla propria emozione. E all’improvviso, nel mio cervello, la luce: allora, non sono inaridito! Quando Avellaneda è tornata, ormai senza lacrime e un po’ imbarazzata, io ero ancora intento ad assaporare egoisticamente la mia nuova scoperta. Non sono inaridito, non sono inaridito. L’ho guardata con riconoscenza e, siccome proprio in quel momento sono rientrati Munoz e Robledo, tutti e due ci siamo rimessi al lavoro, come obbedendo a un segreto accordo.
(Mario Benedetti)