Una mattina, al bar, alla signora al mio fianco sono cadute le labbra mentre beveva il caffè. Inizialmente, la cosa mi ha dato fastidio. Indizio di grande maleducazione, di non rispetto nei confronti degli altri, pensavo, ci risiamo, mi tocca odiare l’umanità. Erano labbra turgide, ma non troppo, forse appena ritoccate da qualche chirurgo specializzato, probabilmente alla fine del secolo scorso. La signora è rimasta con la tazzina attaccata sotto il naso, per non farsi scoprire dagli altri, suppongo. Ma le sue labbra hanno cominciato così la loro vita, spazzolando inizialmente lo zucchero ed i resti di brioche sul bancone. Avevano proprio fame, ho pensato, che graziose e innocue labbra golose, in fin dei conti.
Poi però le labbra hanno cominciato a fare fuori qualche tazzina, più di un cucchiaino, un pezzo di banco. Mi sono preoccupato. Ancora qualche secondo e le due donne vestite da vigile urbano che passeggiano al mattino presto in Galleria Vittorio Emanuele sono svanite, con i loro cappuccini ancora tiepidi. Quindi è stata la volta della signora delle labbra proprietaria, una specie di vendetta, presumo, di chi avrebbe voluto rimanere comunque bello, come era stato fatto. Morso dopo morso sono stati fagocitati i tavolini, il lungo e stretto specchio alle spalle dei baristi, le bottiglie, i lavandini, le lavastoviglie, i panini nelle vetrinette, e le vetrinette. Tutto è finito, i camerieri mangiati, il sudicio proprietario del bar, furbo inventore dei due menù con prezzi diversificati per italiani e turisti stranieri, pappato in un lampo senza poter fare beh, o almeno creare sul momento una nuova lista con i prezzi maggiorati per le clienti labbra. Queste di labbra invece, davanti a me, avevano la voracità di un mostro, ma la dolce, timida sensualità di chi, innocente, non aveva fatto niente. Nel baciarle, mi sono sentito scomparire, ma è stato un gran bel bacio.