martedì 7 ottobre 2014

A passeggio con il campionato (6)


Milano – Alda Merini ha smesso di scrivere per un ventennio, mi ricordava Maria Corti nell’essenziale, fondamentale introduzione a Vuoto d’amore. Per la precisione dal 1961 al 1979, che a ben vedere sono diciotto anni, ma non mi sembrava il caso di fare il matematico camminando verso il lavoro come quasi ogni mattina verso le sette e quaranta. Vent’anni pensavo, da Tu sei Pietro a La Terra Santa. Tu sei Pietro per ovvie ragioni paterne attirava il mio interesse. Vent’anni di internamenti, di salute e di malattia, vent’anni di silenzio. Alda Merini non ammessa da ragazzetta al Liceo Manzoni perché respinta, in italiano!, conferma che la scuola nei riguardi degli artisti non tradisce mai le proprie tradizioni, mi ricordava Maria Corti. Così procedevo, l’orologio verde pubblico sempre rotto di via Veronese faceva le undici e venti da qualche mese e talvolta lo ammetto pensavo di essere in ritardo, oggi quanti smetterebbero di scrivere per diciotto anni, nell’attuale incombente cultura dello spettacolo è necessario resistere alla tentazione di dilatare leggende che fioriscono sulla follia, il disordine mentale, l’orrore quotidiano come miti dell’immaginario, mi ricordava Maria Corti. Ma poi, entrato in un bar per un caffè, dopo l’incrocio tra via Buonarroti e via Marghera, una radio parlava dei tumulti scoppiati nella notte in diverse città d’Italia e in particolare a Roma, di squadriglie non ben identificate eppure note alle forze dell’ordine che avevano rapito e preso in ostaggio l’arbitro Gianluca Rocchi trasportandolo dalla sua casa di Firenze al centro sportivo di Trigoria. Il decimo miglior arbitro del mondo nel 2013 secondo l’IFFHS, organismo riconosciuto dalla FIFA per statistiche e record riguardanti la storia del calcio, veniva quindi liberato dai lacci che gli stringevano i polsi e dal cappuccio che gli impediva la vista per guardare e riguardare su un maxi-schermo gli errori commessi durante Juventus-Roma e venire giudicato di conseguenza colpevole dal tribunale sportivo del popolo giallorosso. La pena comminata era la più feroce e di moda del periodo: la decapitazione con video su youtube. Non si trovava tuttavia il coltello adatto, Rudi Garcia allora ingannava il tempo suonando con la chitarra El Porompompero, sulla superficie dell’Italia navigavano intanto barzellette e frasi ripetute a pappagallo sulla Juventus che rubava come sempre, il parlamentare del PD Marco Miccoli prometteva di presentare un’interrogazione al ministro dell’Economia ed un esposto alla Consob dopo i fatti che si erano registrati durante la partita di domenica, ma su questo versante la minoranza non estremista pur presente nel Paese restava tranquilla conoscendo il valore di certe promesse politiche e la velocità media dei lavori a Montecitorio. Reperito quindi il coltello si procedeva al taglio, ma anche vedendo e rivedendo il filmato dell’esecuzione non si riusciva a stabilire con certezza se la testa di Gianluca Rocchi avesse o no superato la linea bianca tracciata sul terreno di gioco dal capitano Francesco Totti, che a suo dire da tanti anni perdeva così ma non si capiva bene cosa. La memoria della testa tagliata scompariva, Poroppoppo-Poro-Porompompero-Pero, il risultato omologato restava comunque Juventus 3 Roma 2 con doppietta su rigore di Carlos Tevez, gol per i giallorossi di Totti su rigore e Iturbe, rete decisiva molto bella di Leo Bonucci con un tiro al volo dal limite a quattro minuti dal novantesimo. Eppure Alda Merini avrebbe faticato e non poco a trovare un editore dopo aver ricominciato a scrivere sopravvissuta agli anni di manicomio che era stato per lei parola assai più grande delle oscure voragini del sogno, grande cassa di risonanza dove il delirio era diventato eco. Uscivo dal bar, superavo l’edicola dei giornali ripieni di titoli comici e strillati relativi alla partita di calcio, giravo a sinistra in piazza Piemonte, guardavo come sempre verso via Washington i due grattacieli gemelli e un po’ diversi di Mario Borgato e timbravo il cartellino.