martedì 13 dicembre 2011

Il posticipo_Roma-Juventus (Un asturiano a Roma)


Dopo l’ennesimo aumento della benzina, alla fine la popolazione era esplosa. Adesso Presidente della Repubblica e  del Consiglio ciondolavano impercettibilmente appesi per i piedi alla pensilina di un distributore di carburante.
Erano trascorsi pochi mesi dall’avvento dell’asturiano nella città eterna, ma lo spettacolare atterraggio di Luis Enrique nel prato del galoppatoio a Villa Borghese a bordo della sua aeronave spaziale pareva solo un lontano ricordo. Così come l’emozione pallida di Federico Fellini nello scorgere il disco volante dal Pincio dove si trovava scendere leggero, prima d’incontrare verso le diciannove lo scrittore Ennio Flaiano e abbracciarlo, in lacrime.
“Vivremo in un modo nuovo e semplice Ennio. Avremo una veloce pazienza nel far girare la palla, quasi come il Barcellona. L’aeronave è un’enorme meraviglia lucente. Gialla come il sole, rossa come il cuore mio”.   

Il Presidente del Consiglio poi aveva fatto recintare il disco volante, permettendone però  la visita mediante pagamento di una tassa a favore di certe opere assistenziali cattoliche. Il Presidente della Repubblica invece aveva ricevuto l’asturiano al Quirinale, interrompendo addirittura il tour promozionale per l’uscita del suo inutile libro, con grande sgomento delle genti corrotte o rimbambite già pronte ad applaudirlo per strada o nelle università. Nessuno come gli italiani era abile a volare in soccorso al vincitore.
La vita dei partiti sembrava essersi fermata. Ignobili adulatori di ogni schieramento strisciavano ai piedi del nuovo Premier, e balbettavano il loro assenso a una manovra iniqua, fingendo di non guardare l’asturiano presente in visita alla Camera dei deputati, ben sapendo che egli, li osservava tutti.
“L’Osservatore Romano” infine, nella consueta rubrica “Nostre informazioni”, aveva segnato tra i nomi delle persone che il Santo Padre aveva accolto in udienza privata anche quello di Luis Enrique, relegandolo però nell’elenco stilato per ordine d’importanza agli ultimi posti, si dice perché l’asturiano aveva preteso chiarimenti riguardo al versamento dell’Ici nelle casse dello Stato.

Il giorno in cui un ignaro benzinaio aveva esposto senza pensarci troppo il cartello Benzina Verde 1710 euro al Litro, era stato l’inizio della fine. In un rigurgito d’orgoglio, il popolo aveva smesso di lavorare, smesso di cucinare e si era diretto verso i luoghi del potere. I deputati presenti (pochi), i ministri del nuovo Governo, il Presidente del Consiglio e della Repubblica erano stati giustiziati e trascinati fino al distributore di carburante dove i rivoltosi avevano ritenuto esserci la pensilina più adatta all’esposizione. Ma in Italia anche la folla più inferocita, non rinuncia mai alla partita. Per questo il fiume di persone aveva preso la direzione dello Stadio Olimpico, e sfondato i tornelli aveva assistito dal vivo al primo incontro di Serie A trasmesso in 3D: Roma-Juventus.

Sul terreno di gioco, invece dello spettatore televisivo sembrava Arturo Vidal quello indossante gli occhialetti tridimensionali quando, al sesto minuto dl primo tempo, ciccava clamorosamente un’innocua conclusione di De Rossi facendola terminare alle spalle di Buffon. Ne usciva fuori una bella partita. Una Roma coraggiosamente schierata con l’esordiente capitano della primavera Viviani a centrocampo, ribatteva azione dopo azione ai tentativi di rimonta juventina che si concretizzavano solo al 61’ grazie ad un colpo di testa di Chiellini. Solo un minuto dopo, Vidal rimetteva nuovamente quei maledetti occhialini senza i quali era stato uno dei migliori in campo, giusto in tempo per fare fallo a Lamela in area di rigore. Totti calciava di potenza, ma Buffon respingeva. Il risultato non sarebbe più cambiato, lasciando agli osservatori la sensazione di un emozionante pareggio che avrebbe potuto essere anche altro.

Eppure, più forte del rumore giallorosso, qualcuno alla fine aveva gridato: “A asturiano!...”.
Luis Enrique si era subito voltato e ancora una volta l’inno della Roma era stato sovrastato da un suono lungo, straziante, plebeo. L’allenatore asturiano aveva fissato a testa alta la tribuna Monte Mario, senza riuscire a identificare l’autore del vile gesto sonoro. Poi una pernacchia ancora più forte, multipla, fragorosa, l’aveva spinto a volgere di nuovo lo sguardo al solitario contestatore, urlando:
“Italiano: mascalzone!”