martedì 10 maggio 2011

Genoa-Sampdoria (Mauro Boselli Carver, il centravanti minimalista)

Per anni ho divorato biografie di scrittori. Con la matita segnavo date che li riguardavano, a mio avviso fondamentali. Nascita, pubblicazione del primo libro, del secondo. Ma anche matrimonio, primo figlio, divorzio, morte. A che punto ero io rispetto a loro? Era ancora saggio sperare, di fronte a certe quasi annuali, spesso geniali e sconfortanti produzioni?

Talvolta qualcuno dei miei scrittori preferiti “decideva di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura”. Questo lo sottolineavo due volte. Perché loro sì e io no? Come facevano senza lavorare? Chi pagava loro l’affitto? Perché non ereditavo pure io? Perché nessun editore mi allungava un consistente anticipo, o nessuno pensava di premiarmi con una borsa di studio?
Fatto sta che ad un certo punto, loro si dedicavano a tempo pieno alla scrittura, mentre io mi svegliavo per andare a vendere lavatrici, frigoriferi e televisori.

Fino a quarant’anni Raymond Carver beveva fino a stordirsi, rendendo un inferno la vita della moglie Maryann, la quale, mentre Ray si ubriacava con John Cheever invece che insegnare scrittura creativa all’Iowa Writers’ Workshop, portava a casa il pane lavorando come cameriera, o venditrice porta a porta di enciclopedie. Quando aveva cominciato?
Poi Carver accettò i pesanti interventienti che il potente editor Gordon Lish effettuò su un suo racconto, pur di vederlo stampato sull’importante rivista Esquire. Maryann lo accusò di essere un venduto, ma Ray pensò che il compromesso valeva la pubblicazione, mandando giù pure il cambiamento del titolo (da I chilometri sono effettivi? a E questo cos’è?)

Dopo aver convinto casalinghe dubbiose a preferire una lavastoviglie piuttosto che un’altra, nel pomeriggio andavo a leggere al parco o, se il clima non lo consentiva, in biblioteca. In quella di Casazza, ricordo, il bello era che non c’era nessuno, che potevi girare per le stanze consultando direttamente i libri posizionati sugli scaffali, prima di scegliere se prenderli in prestito. Lì, avevo scoperto Raymond Carver.

Anche rileggendo a distanza di anni Vuoi star zitta, per favore? non sono riuscito a ricordare con precisione quando il derby di Genova si è trasformato da partita sentita e coreograficamente unica ad isterico spettacolo di eccessi nervosi messi in mostra: in campo dai calciatori, sulle tribune dagli spettatori. Quando è avvenuto questo cambiamento?

Domenica sera le cose non sono andate diversamente. Già dai primi minuti, il giallo Tagliavento galleggiava a fatica circondato da giocatori che protestavano sistematicamente, mettendogli le mani addosso o aggredendo i guardalinee per ogni fallo fischiato, oppure no.
Sette minuti oltre il novantesimo tuttavia, quando il pareggio sembrava la soluzione più probabile, il centravanti argentino Mauro Boselli decideva di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura di un racconto minimale, il più semplice e complesso che gli veniva in mente: controllo di destro su passaggio rasoterra di Milanetto, rapida rotazione intorno al proprio asse e girata di sinistro nell’angolo più lontano alle spalle di Da Costa. Genoa 2, Sampdoria 1.