Il corteo funebre si era mosso lentamente, frenato dalle migliaia di gocce di lacrime che dagli occhi lucidi avevano raggiunto il suolo di Milano. I milanesi, ma con loro gli italiani tutti, osservavano commossi, appoggiati alle pareti dei palazzi, o con i gomiti riposanti sulle transenne ornate dalle bandiere tricolori, il passaggio delle autorità giunte da Roma per rendere omaggio al feretro di Elisabetta. Nascosto tra la folla come un normale essere umano anche George Clooney, finalmente abbracciato al suo compagno, spiava per l’ultima volta quella che era stata in una lontana estate una sua avventura, un suo amore, o forse niente di tutto questo. Il serpente di auto, partito da Piazza Mike Bongiorno, si era snodato lungo Viale Pippo Baudo, fermandosi cinque minuti a causa della troppa gente nei pressi di Largo Fiorello. Dopo l’ex Parco Sempione (da poco giustamente ribattezzato “Giardini di Costanzo e Maria De Filippi”) la bara bianca rossa e verde contenente la bella Elisabetta era infine arrivata, attraverso la pedonale Via Simona Ventura, in Piazza Duomo. Qui le note dell’inno nazionale avevano fatto rabbrividire tutti i presenti, ma sarebbe più corretto dire tutti gli italiani, anche quelli che, incollati davanti ai teleschermi, da nord a sud mormoravano ciao Ely, eroina di questo Paese, non ti dimenticheremo mai, grazie.