Milano – In una famosa scena di Annie Hall, Alvy Singer non si sente
bene poche ore prima di un appuntamento televisivo in diretta al quale dovrebbe
partecipare consegnando un premio. Ha lo stomaco rovesciato fin dal mattino.
Allora torna a casa, e mentre sullo sfondo Diane Keaton discute telefonicamente
con gli organizzatori della trasmissione, si sdraia sul letto e ascolta le
parole del medico giunto a visitarlo:
“Perché non prova a mandar giù un po’ di questo? E’
solo pollo lesso.”
“No, non posso mangiarlo, ho la nausea. Se potesse
darmi qualcosa per tirarmi su perché sa, tra due ore devo andare a Burbank a
consegnare un premio a uno show televisivo…”
“Per quello che posso dire io lei non ha niente:
insomma non ha febbre, neanche sintomi di qualcosa di grave, non ha mangiato né
insaccati né frutti di mare…”
Il dialogo tra malato e dottore è interrotto da
Diane Keaton che ha finito la telefonata:
“Alvy, era la Tv, hanno detto che è tutto a posto,
hanno chi ti sostituisce e possono fare senza di te.”
“Gesù, allora non devo andare alla televisione?”
La Keaton e il medico si mettono quindi a parlare
tra loro cercando di capire cosa possa avere Alvyn, interrotti da quest’ultimo
che intanto ha provato ad assaggiare il pollo lesso, chiede al dottore di
passargli il sale, lo sparge sul piatto e dichiara:
“Non è mica male questo polletto.”
Ecco, più o meno è così che talvolta mi sento
quando devo andare a presentare un mio romanzo in una libreria, non sempre a
dire il vero, mi sentivo così lunedì ad esempio quando viaggiavo seduto scomodo
sopra un vecchio treno regionale in direzione Pavia, anche se a dire il vero
l’appetito non mi era mancato e la nausea non esisteva. Tuttavia una certa
pressione negativa sì, risultante della consapevole inutilità di essere
obbligati a spiegare quel che si è già scritto, alla mia timidezza, comunque spazzata
via questa nuvola nera dalla calma non mortale solo perché temporanea della
città pavese, da una coppa crema e stracciatella presa in una gelateria ferma
agli anni cinquanta, in seguito dalle prime riuscite battute verbali alla
Libreria Il Delfino nella circostanza piena di persone venute ad ascoltare non
si sa perché me e Antonio Gurrado, autori Ediciclo ma di stampo calcistico.
Martedì invece nessuna sensazione opprimente, un buonumore anzi consistente, il
caos tribale in movimento di corso Buenos Aires a Milano incapace di turbarmi
più di tanto, eppure l’impatto con un’altra libreria questa volta con poche
persone presenti, le prime battute poco indovinate e balbettate, il Belgio che
vince a fatica sull’Algeria per due a uno (ma non è di questa partita che
voglio scrivere), dopo la presentazione per fortuna un piacevole prosecco in
compagnia di Antonio, Gino, Sergio e Silvano. Poi la cena al ristorante pugliese, le bistecche di cavallo e Pippo Baudo, Il Brasile che non mangerà il
panettone, il portiere del Messico un po’ Garella un po’ Caparezza (ma non è di
questa partita che voglio scrivere), un turno lavorativo che mi porta a
mercoledì pomeriggio pensando a lunedì-martedì e al polletto che per Alvy
Singer prima non era buono e poi invece sì, a Paolo di Paolo che senza conoscermi
mi ha invitato il prossimo ventinove luglio a parlare del mio romanzo a
Civitanova Marche durante il Futura Festival, a Mia Farrow che ho sempre
trovato più attraente di Diane Keaton, ecco è di Spagna-Cile che volevo
scrivere. Della Roja che incontra l’altra Roja, del pubblico del Maracana che
canta tutte le sei strofe dell’inno cileno ma non può fare altrettanto con
quello spagnolo, perché senza parole, della nazionale di Arturo Vidal che per
festeggiare questa supremazia canora vince due a zero con reti di Vargas e
Aranguiz. La Spagna detentrice del titolo esce dal Mondiale e stavolta non
troverà nessuno a consegnarle il premio in diretta televisiva, nemmeno il
cagionevole Alvy Singer.