sabato 11 aprile 2020

Sulla follia del riaprire le librerie


Se l’aggettivo in questione non fosse abusato, potremmo definire kafkiana l’idea del Governo di prorogare le restrizioni in atto fino al 3 maggio, concedendo tuttavia alle librerie, inspiegabilmente, la possibilità di riaprire. Ma Franz Kafka è stato un grande scrittore, il contrario insomma del gruppo di autori contemporanei privilegiati e lontani dal mondo reale che, la scorsa settimana, ha promosso una petizione per riaprire le librerie, “bisognosi di conforto spirituale”, convinti che “le librerie italiane, grandi o piccole, siano facilmente gestibili da ogni punto di vista, abituate a frequentatori lenti e assorti”, insomma affamati di “pane per i loro denti spirituali”. Ah, che avrebbe detto Franz Kafka dell’espressione “denti spirituali”. Evidentemente, pensavo la scorsa settimana mentre gli ospedali lombardi erano al collasso, questi presunti scrittori non hanno un numero sufficiente di libri in casa, vivono altrove, in una bolla protetta che spesso pregiudica anche la qualità delle loro opere, ovviamente ben recensite e talvolta ottimamente vendute. E chissà cosa avrebbe detto, il buon Franz Kafka, di quel politico vanitoso, così simile al personaggio di Fonzie nella nota serie TV, che già a fine marzo aveva a sua volta e per primo chiesto la riapertura delle librerie, in quanto luoghi che “curano l’anima”. Ah, quanto sono importanti le parole.
Da martedì riapriranno le librerie. Le persone che giustamente non devono uscire di casa quindi, potranno recarsi invece in libreria, magari durante la lunga passeggiata col cane, certificazione pronta in tasca, per acquistare i volumi preferiti, mettendo così a repentaglio la salute dei librai, dei loro famigliari e più in generale della collettività. Avremo così  una massa di individui-lavoratori non essenziali che, dopo un mese di faticosa clausura violata solo per buttare l’immondizia o fare la spesa, sarà costretta a uscire e prendere mezzi pubblici, sostare 8 ore in luoghi commerciali, equipaggiata frettolosamente con mascherine e guanti, in spazi grandi e piccoli, difendendosi magari con il braccio-metro da chi, involontariamente, non rispetterà le distanze. E tutto questo per non aspettare altri quindici giorni. Mentre i morti in Lombardia sono più di 10.000. Mentre la Cina, ha dimostrato come solo restando a casa sia stato possibile uscire da questo incubo collettivo. Conosco un libraio-pendolare che, a partire dalla prossima settimana, forse dovrà prendere due metropolitane e due treni al giorno per raggiungere il “luogo di lavoro dell’anima” a Milano. Facendo pure i conti con la soppressione del servizio di alta velocità ferroviario sulla tratta Brescia-Milano. Esposto al contagio, a una forma pesante di stress psicologico e al triste timore di stare troppo vicino a moglie e i figli, una volta rientrato a casa. Tutto questo, per non aspettare quindici giorni.
Io non so i nomi di chi ha spinto il Governo verso questa folle decisione, e posso solo pregare, come molti altri librai e lavoratori non privilegiati, di avere fortuna. Non dimenticherò però, la differenza che separa gli uomini saggi da quelli irresponsabili. La dignità dall’opportunismo. Sperando, dopo aver visto carovane di defunti parcheggiate in chiese o portate altrove da camion militari, di non dover ospitare le prossime bare nelle librerie.