Allora: Paul Auster scrive con davanti un muro bianco, David Grossman anche, ma se si gira verso destra può guardare fuori. Una volta aveva affittato una stanza a Gerusalemme per lavorare a un nuovo romanzo, ma la vista oltre i vetri era di tale bellezza che non riusciva più a scrivere, si era dovuto alzare per chiudere le imposte. Roberto Saviano è costretto a cambiare continuamente casa, e finestre. Da qualche giorno le mie si chiudono male. Devo fare piano, ho paura che mi resti in mano la manopola. Poi dovrei ripararle, ipotesi francamente remota. Avranno quindici o vent’anni almeno, presumo, mai state comode come finestre. Si chiudono solo alzando una leva, spingendola in avanti, aspettando un “clack”, riabbassando la leva. Ma la velocità dell’abitudine non permette sempre di avere pazienza, e quasi sempre ci vogliono due, tre “clack” fasulli prima di centrare quello corretto. Mai state comode, ma in questa settimana si sono accordate per cominciare a rompersi tutte e tre, insieme. E’ un problema quello delle finestre. Come chiuderle, come posizionarsi rispetto alla loro presenza. Io appena posso sto sempre con la finestra spalancata, ma solo nella stanza dove sto, per evitare correnti d’aria. Mi piace. E’ come essere sospesi nel vuoto, una bella sensazione, senza il fastidio di un ingombrante paracadute o di provvisorie ali. Per questo non vedo di buon occhio l’inverno. Nella mia vita mi è capitato di scrivere con la finestra a sinistra, a destra, davanti. Ma a sinistra molto più spesso. Un caso, ma se qualcuno un giorno mai me lo chiederà, io risponderò che preferisco scrivere con la finestra a sinistra aperta, il muro davanti bianco, in primavera.