Milano – Alda Merini ha smesso di scrivere per un ventennio, mi
ricordava Maria Corti nell’essenziale, fondamentale introduzione a Vuoto d’amore. Per la precisione dal 1961
al 1979, che a ben vedere sono diciotto anni, ma non mi sembrava il caso di
fare il matematico camminando verso il lavoro come quasi ogni mattina verso le
sette e quaranta. Vent’anni pensavo, da Tu
sei Pietro a La Terra Santa. Tu sei Pietro per ovvie ragioni paterne
attirava il mio interesse. Vent’anni di internamenti, di salute e di malattia, vent’anni
di silenzio. Alda Merini non ammessa da ragazzetta al Liceo Manzoni perché
respinta, in italiano!, conferma che la scuola nei riguardi degli artisti non
tradisce mai le proprie tradizioni, mi ricordava Maria Corti. Così procedevo,
l’orologio verde pubblico sempre rotto di via Veronese faceva le undici e venti
da qualche mese e talvolta lo ammetto pensavo di essere in ritardo, oggi quanti
smetterebbero di scrivere per diciotto anni, nell’attuale incombente cultura
dello spettacolo è necessario resistere alla tentazione di dilatare leggende
che fioriscono sulla follia, il disordine mentale, l’orrore quotidiano come
miti dell’immaginario, mi ricordava Maria Corti. Ma poi, entrato in un bar per
un caffè, dopo l’incrocio tra via Buonarroti e via Marghera, una radio parlava
dei tumulti scoppiati nella notte in diverse città d’Italia e in particolare a
Roma, di squadriglie non ben identificate eppure note alle forze dell’ordine
che avevano rapito e preso in ostaggio l’arbitro Gianluca Rocchi trasportandolo
dalla sua casa di Firenze al centro sportivo di Trigoria. Il decimo miglior
arbitro del mondo nel 2013 secondo l’IFFHS, organismo riconosciuto dalla FIFA
per statistiche e record riguardanti la storia del calcio, veniva quindi
liberato dai lacci che gli stringevano i polsi e dal cappuccio che gli impediva
la vista per guardare e riguardare su un maxi-schermo gli errori commessi
durante Juventus-Roma e venire giudicato di conseguenza colpevole dal tribunale
sportivo del popolo giallorosso. La pena comminata era la più feroce e di moda
del periodo: la decapitazione con video su youtube. Non si trovava tuttavia il
coltello adatto, Rudi Garcia allora ingannava il tempo suonando con la chitarra
El Porompompero, sulla superficie
dell’Italia navigavano intanto barzellette e frasi ripetute a pappagallo sulla
Juventus che rubava come sempre, il parlamentare del PD Marco Miccoli
prometteva di presentare un’interrogazione al ministro dell’Economia ed un
esposto alla Consob dopo i fatti che si erano registrati durante la partita di
domenica, ma su questo versante la minoranza non estremista pur presente nel
Paese restava tranquilla conoscendo il valore di certe promesse politiche e la
velocità media dei lavori a Montecitorio. Reperito quindi il coltello si
procedeva al taglio, ma anche vedendo e rivedendo il filmato dell’esecuzione
non si riusciva a stabilire con certezza se la testa di Gianluca Rocchi avesse
o no superato la linea bianca tracciata sul terreno di gioco dal capitano Francesco
Totti, che a suo dire da tanti anni perdeva così ma non si capiva bene cosa. La
memoria della testa tagliata scompariva, Poroppoppo-Poro-Porompompero-Pero, il risultato omologato restava
comunque Juventus 3 Roma 2 con doppietta su rigore di Carlos Tevez, gol per i
giallorossi di Totti su rigore e Iturbe, rete decisiva molto bella di Leo
Bonucci con un tiro al volo dal limite a quattro minuti dal novantesimo. Eppure
Alda Merini avrebbe faticato e non poco a trovare un editore dopo aver
ricominciato a scrivere sopravvissuta agli anni di manicomio che era stato per
lei parola assai più grande delle oscure voragini del sogno, grande cassa di
risonanza dove il delirio era diventato eco. Uscivo dal bar, superavo l’edicola
dei giornali ripieni di titoli comici e strillati relativi alla partita di
calcio, giravo a sinistra in piazza Piemonte, guardavo come sempre verso via
Washington i due grattacieli gemelli e un po’ diversi di Mario Borgato e
timbravo il cartellino.