“E così sono tornato, perché la
vostra puntualità nel rinnovare la scritta murale Julio torna, cosa ti costa? nella piazza che mi avete dedicato a
Buenos Aires, meritava almeno un premio, anche se per ritornarci in cielo poi
mi toccherà saltellare di nuovo sul tracciato di caselle disegnate per terra.
Con un piede solo in corrispondenza delle caselle 3 e 6, con due piedi nelle
caselle 4/5”.
Sapevo che per Julio solo le
persone banali si davano appuntamento. Quelle che piacevano a lui, come l’amata
Maga, s’incontravano per caso, in zone di Parigi che formavano a loro volta un
gioco del mondo, da Rue de Babylone a Rue Monge. Per questo pur avendolo
pedinato e sorpassato sul marciapiede, i passi necessari per utilizzare un albero
parigino come breve nascondiglio (astuta tattica appresa dal detective Antoine
Doinel) avevo finto stupore nel trovarmelo davanti, alto e ragazzo, appoggiato
ad un muro scrostato con disegnato una freccia.
“Ma quanto sei lungo, Julio?”
“Più o meno come quella specie di
ponte che quei personaggi che vedi là in alto, affacciati a due finestre divise
da poco spazio ma con quattro piani sotto, stanno cercando di costruire con una
tavola. Cercano di passarsi un pacchetto di erba di mate e i chiodi, e ho la
sensazione che inizierò a scrivere dettagliatamente tutte le idee che verranno
loro in mente per attraversare il vuoto da una finestra all’altra. Guardali:
sono Horacio Oliveira, Talita e Traveler”.
Aspettando che qualcuno mi
guarisse dal fuoco sordo, dal fuoco incolore che correva all’imbrunire per Rue
de la Huchette, pensavo alla triste verità che aveva spinto Cortazar a scrivere
Rayuela. Gli piacevano sempre meno i romanzi, la narrativa che si praticava ai
suoi tempi. Allora aveva pensato ad un anti-romanzo, generato da un caso fatto
di foglietti scritti per anni in bar diversi, capaci di trovare un ordine solo
al termine della stesura.
“Non ho progettato nulla. Il
libro è stato vivisezionato dai critici e analizzato con estrema cura, ma tutte
queste strutture hanno preso forma solamente alla fine. Rayuela è stato un
punto centrale sul quale poi si sono incollati strati di cose”.
Non gli piacevano più i romanzi
del suo tempo, ma cosa diavolo avrebbe detto allora Julio di quelli dei nostri,
salvo rare eccezioni opere costruite a tavolino tra scuole di scritture e case
editrici, abili ad alimentarsi economicamente con favori reciproci, quasi mai
aventi come scopo l’attenzione nei confronti della qualità? Adesso è tutta una
grande farsa, amico biancoceleste e francese, e ora capirai perché mi diverto
di più a guardare una partita di pallone che a leggere certi rettangoli ripieni
di fogli di soggetti che si vestono da scrittori, parlano da scrittori,
recitano bene e senza alcuna vergogna la parte d’indispensabili alla storia
della letteratura. Ma ora basta equivoci, la tua Maga magari ti aspetta al Café
preferito dai membri del Club del Serpente, madre uruguagia con in braccio il
figlio Rocamadour.
Al Club il gruppo di amici
ascolta jazz, discute di arte e filosofia. Io sto prevalentemente zitto,
limitandomi a segnalare che il talento argentino Lamela, fa rima con Rayuela. Sarà
per questo che uscendo dagli spogliatoi, il numero 8 giallorosso lancia la
prima pietra nella casella numero 1. Quindi con un piede solo (il destro) va
nella casella due del prato dell’Olimpico, poi nelle 3 e 6, infine con due
piedi nelle 4/5 e 7/8. Disorientata da questo movimento, la difesa del Cesena
va nel pallone: Rodriguez spizza goffamente per il tacco dello stesso Lamela
che serve Francesco Totti: tiro leggermente deviato che beffa il dormiente
Antonioli sul primo palo. Tocca al Cesena, ma i romagnoli mettono subito un
piede fuori dalla Rayuela e allora Lamela dal limite pesca Totti in leggero
fuorigioco, 2-0. Palla al centro, e ancora dentro l’ottavo giro di sessanta
secondi Borini fa 3-0. Il gioco del mondo è finito in soli otto minuti. Si
andrà avanti a saltellare comunque fino al novantesimo, con gli altri del Club
ad ascoltare Cortazar proporre due letture possibili di una partita di pallone:
“A modo suo ogni partita è molte
partite, ma è soprattutto due partite. La prima, si può leggere come
abitualmente si leggono le partite, e finisce al minuto 8 ove tre evidentissimi
asterischi equivalgono alla parola Fine.
La seconda, si può leggere dal minuto 73 e seguendo l’ordine indicato a piè
pagina d’ogni capitolo. In caso di confusione o poca memoria, basterà
consultare la lista seguente: 73-1-2-116-3-84-4-71-5-81-74-6…”