venerdì 30 ottobre 2009

La Sé. (Parlare con i morti non mi dispiace)


Parlare con i morti non mi dispiace, specie quando si fanno vivi per primi loro. E’ così che ho conosciuto diversi individui interessanti, altri meno, ma ci sta. In ogni città dove sono stato ho conosciuto morti interessanti, e spesso molto discreti. A Lisbona si sono fatti vivi vicino alla Sé, lungo la strada a sinistra della cattedrale che sale costantemente, protetta dal soffitto di cielo e fili del tram. Adesso non ricordo quanti metri avanti, ma poi sulla sinistra ho trovato questo negozio bianco, dove l’oste, vivo ma decisamente ubriaco, mi ha fatto assaggiare della Ginginha versata in una micro-tazzina di cioccolato (da buttare giù velocemente appena dopo il liquore alla ciliegia), mi ha fatto meditare due bicchieri di ottimo Porto, mi ha spiegato nel suo anglo-italo-portoghese quanto amava la musica rock, Lou Reed e i Pink Floyd, in particolare.
Le piastrelle bianche quadrate alle pareti hanno cominciato a divenire rettangoli, quadrati, cerchi. L’oste si è messo a mimare le sue canzoni preferire fingendo si suonare la chitarra muovendosi con il corpo appena il necessario, come Lou Reed. Solo io e lui, nel bianco. Quanto era buono quel Porto? Come stabilire un contatto più equilibrato con i morti, potendo scegliere con maggiore autonomia quelli più attraenti da frequentare?
Cercavo le risposte facendo girare con diverse velocità il castano e oro liquido dentro il bicchiere. Avrei voluto restare lì, seduto sui gradini della Sé, a guardare laggiù in fondo la notte, per sempre.