Milano
- Me ne stavo in libreria in attesa che arrivasse Aldo Cazzullo a firmare le
copie del suo nuovo libro, Possa il mio
sangue servire (Rizzoli, 403 p., 19 euro); ma anche a lavorare, con i
clienti che giustamente interrompevano la mia sospensione temporale con
richieste non sempre precise del tipo:
“Mi
consiglia un romanzo che possa piacere alla mia amica? Ma che sia per favore
almeno candidato al Premio Strega.”
“Ecco
signora questa è la lista degli undici, può scegliere tra Capossela, Covacich,
Ferrante, Genovesi, Lagioia, Marasco, Mizzau, Santagata, Sereni, Vins Gallico, Zardi, Zerocalcare. Come vede una formazione di calcio bella e buona con tanto di
trequartista in apparenza straniero e terzino sinistro misterioso e sessualmente
incerto, più il portiere di riserva pseudonimo di Michele Rech. In questo caso io comunque le suggerisco di evitare il polpettone e di
virare sul cantautore, per questioni non strettamente romanzesche ma di emozionante
poesia, ha mai ascoltato Pena de l’alma?”
“Non
saprei, anche se non è lo Strega fa niente, basta che abbia vinto qualcosa.”
Allora
io indico alla signora I miei premi
di Thomas Bernhard, ella tentenna, quale premio ha vinto Thomas Bernhard?, io
le dico il Gran Premio di Hockenheim e la cosa soddisfa entrambi, andata per
Thomas Bernhard.
Me
ne stavo al Punto Informazioni a riflettere sui trionfi automobilistici dello
scrittore austriaco, al perché Aldo Busi avesse scritto, mi pare e spero di non
sbagliarmi in E io, che ho le rose
fiorite anche in inverno?, che Thomas Bernhard tanto criticava ma poi alla
fine i premi li ritirava mentre lui (Busi) era l’unico che no. Prendevo da
parte l’amato autore con domicilio fiscale a Montichiari e mi permettevo di
implorarlo:
“Per
favore, almeno tu e Bernhard non litigate.”
Quindi
Cazzullo giungeva e il suo libro parlava di uomini e donne della Resistenza che
non era patrimonio di una fazione ma della nazione, seduto al tavolo firmava le
copie e io pensavo: ecco appena ho un attimo mi sgancio dal Punto Informazioni
per regalargli una copia del mio Fuorigioco che sta antipatico ai bambini,
anche per riparare con il sincero bel gesto a una lontana incomprensione; ma impiegato
a fornire risposte agli avventori della libreria l’attimo non arrivava, l’idea
di peccare di vanità cominciava a farsi strada, per carattere e figlia di tante
letture giovanili, al momento mi veniva in mente Thomas Merton. Il solito
problema della vanità. Poi si è fatta strada, nei corridoi delimitati dai libri,
una ragazzina splendida nella sua curiosità adolescenziale riguardante Julio
Cortazar, Ernesto Sabato, addirittura Bioy Casares; e nello stupore per certi
confortanti miracoli ho smesso di capire e pensare, Aldo Cazzullo è uscito
dalle porte trasparenti sotto il sole provvisorio sostituito da un ragazzo
molto alto che mi ha costretto ad affrontarlo in punta di piedi, pur senza
darlo troppo a vedere. Non mi sfuggiva l’eventualità che potesse trattarsi di
un giocatore di pallacanestro. Gentile, educato, drammaticamente alto, ci siamo
messi a discutere di narrativa e io ho pensato che diamine, con quanti
calciatori di oggi potrei fare altrettanto? Non mi venivano i nomi dei
pedatori, e dopo che il cestista se n’è andato ho scoperto grazie a un collega
esperto di musica e basket che l’ala-centro in questione era certamente Nicolò
Melli, dell’Olimpia Milano. Mi è sembrata l’occasione ideale per iniziare a
parteggiare per l’Emporio Armani, al netto della non entusiasmante
sponsorizzazione, e senza negare a me stesso che da ragazzo avevo invece tifato
(volendo esagerare) per la Fortitudo Bologna, in seguito atrocemente radiata e
nel presente militante in Divizione Nazionale B, il quarto campionato
nazionale. In fondo se ne sarebbe accorto qualcuno? Avrei rischiato scomodi
paragoni con Zlatan Ibrahimovic oppure Emilio Fede, il primo improvviso interista
fin da bambino nella confusa e frettolosa estate del 2006 e il secondo
juventino ma poi milanista per amore di Silvio Berlusconi?
La
Resistenza del resto non si trova solamente nei libri, ma dentro case che si
aprono nella notte, nella sofferenza dei feriti curati nei pagliai, nei
ricercati nascosti in cantina, in quelle madri trasformate in scudi per
proteggere i propri figli. La Resistenza raccontata dalle storie delle suore di Firenze, Giuste tra
le Nazioni per aver salvato centinaia di ebrei; dai sacerdoti come don Ferrante
Bagiardi, che sceglie di morire con i suoi parrocchiani dicendo "vi accompagno
io davanti al Signore"; dagli alpini della Val Chisone che rifiutano di
arrendersi ai nazisti perché "le nostre montagne sono nostre"; dai
tre carabinieri di Fiesole che si fanno uccidere per salvare gli ostaggi; dai
600 mila internati in Germania che come Giovanni Guareschi restano nei lager a
patire la fame e le botte, pur di non andare a Salò a combattere altri
italiani. Partigiani comunisti, cattolici, monarchici. O autonomi, come Beppe
Fenoglio.