lunedì 15 aprile 2013

Finalmente domenica! (34)



Mi hanno rubato il sellino della bicicletta ma non ne ho fatto un dramma. Sarà stata la primavera, sono sceso per fare un giro in bici ma niente, non c'era più il sellino. Un errore grossolano certo lasciare la bicicletta legata al palo sul marciapiede sotto casa per più di una notte quando avrei potuto tranquillamente portarla dentro nel cortile del palazzo, ma un pomeriggio di ritorno dal lavoro avevo pensato la uso domani, una notte può star fuori cosa vuoi che succeda. Poi il giorno dopo non ho usato la bicicletta, mi sono scordato di aver lasciato la bicicletta fuori potrà sembrare strano, mi sono scordato di avere una bicicletta. E’ che non la sento mia questa bicicletta, non cerco giustificazioni, ma io ho avuto tre biciclette importanti nella mia vita la Bmx Bianchi da bambino rossa e gialla, la Zecchini rossa che era di mio zio me l'ha prestata qualche anno poi me l'hanno rubata in Stazione a Brescia sempre un giorno quando tornavo dal lavoro e non ho potuto più restituirla a mio zio, la Zecchini, infine una Bianchi blu nel decennio milanese andata meccanicamente in confusione e abbandonata per ora in cantina in attesa di tempi migliori, che l'economia si risollevi, che un nuovo Governo vari decreti comprendenti incentivi ai cittadini per la messa a posto delle due ruote non motorizzate. Queste comunque le mie tre bici, quella che uso ora invece acquistata due anni fa un normale ciclo da città di tipo moderno a prezzo basso, grigia e nera, amore mai sbocciato e allora, mi hanno rubato il sellino.

Sfogliando un ottimo libro rosa, sarà stato per quello, mi sono scordato di poter essere un ciclista io, che volgare offesa ai Gerbi ai Binda ai Girardengo, e poi pioveva, al lavoro ci sono andato a piedi, la mia bicicletta o meglio quella che pensa di essere la mia bicicletta mi osservava attonita mattino dopo mattino e io non la vedevo, guarda questo qua pensava lei, sono la tua bicicletta per favore portami dentro in cortile, niente questo legge il libro rosa anche camminando.
Gerbi, Binda e Girardengo, ma soprattutto Ottavio Bottecchia, "Botescià" come lo chiamavano i francesi, primo italiano in maglia gialla, vincitore di due Tour de France consecutivi senza conoscere una parola di francese, senza avere mai visto una strada francese, indossatore della maglia gialla dal primo all’ultimo giorno del Tour nel 1924, arrivato a Parigi con mezz'ora di vantaggio sul lussemburghese Frantz che confessa ai giornalisti: "Seguire Bottecchia in salita è un po' come suicidarsi". Ma alla fine a morire è Botescià, sulla sponda sinistra del Tagliamento, con fratture alla base cranica e alla clavicola, eppure la bicicletta senza un graffio poi misteriosamente scomparsa, insomma aggredito e ucciso per ragioni politiche o private Bottecchia, il 3 maggio del 1927.

Ecco andando a lavorare a piedi leggendo la storia del Giro d'Italia scritta da Mimmo Franzinelli mi sono tornate in mente tante di quelle cose, altre le ho scoperte, pioveva ma non me ne importava nulla perché sapevo che domenica ci sarebbe stato il sole e avrei potuto appoggiare per un attimo sul tavolo questo libro splendido e fare un giro per Milano a vedere la via della mia nuova futura casa, le foglie timide le prime a farsi vive sugli alberi dopo tanto che le aspettavo, ma sono sceso dalle scale sono andato sul marciapiede dalla mia bicicletta legata e mi avevano rubato il sellino.