Con l’ispettore Sciancalepre ero
stato chiaro:
“D’accordo che il giovedì è il
mio giorno libero dal lavoro, ma non ho intenzione di dedicarlo interamente
alla ricerca di informazioni relative alla scomparsa della signora Giulia.”
Sul treno che ci spostava dal
paese di M. alla città di Milano, due gambe più il sacchetto di una nota catena
di librerie avevano attirato l’occhio indagatore dello Sciancalepre, che aveva
insistito per affiancarle alle nostre nella seduta.
“Le vedi Savio quelle due gambe?”
“Io no, sono sposato.”
“Comunque, si tratta di seguirle.
Dove scendono loro, scendiamo noi. Ci porteranno da Giulia, la moglie
dell’avvocato fuggita di casa.”
Personalmente dubitavo di questa
intuizione poliziesca. E’ vero, lo Sciancalepre era noto per il suo fiuto
particolare, per quella forza mentale che gli aveva quasi sempre conferito la
possibilità di immedesimarsi nel delinquente e di risolvere i casi più
complessi, ma questa vicenda della signora scomparsa l’aveva mandato in
confusione. Giulia era solita recarsi a Milano ogni giovedì per fare visita
alla figlia in collegio, ma c’era chi sospettava che quei viaggi servissero
anche a placare l’insoddisfazione di una trentottenne sposata infelicemente con
un uomo di sessanta. Qualunque fosse la verità, il commissario mi aveva
convinto ad accompagnarlo nell’indagine.
Le gambe della donna del treno
erano atterrate sul pavimento della Stazione Centrale con sconfortante
eleganza, e a debita distanza era stato senza dubbio piacevole pedinarle fino a
viale Premuda. Qui si erano fermate il tempo necessario per consentire alle
braccia di estrarre dal sacchetto un libro, e alle mani di aprirlo per
controllare a pagina 17 quale fosse il numero civico del palazzo dove la
signora Giulia era solita incontrarsi con Luciano Barsanti, rappresentate.
L’amante della moglie dell’avvocato era ancora lì, ma con la sciarpa nerazzurra
al collo, pronto a prendere il tram per assistere all’anticipo dell’anticipo della
ventiquattresima giornata, per l’occasione posticipato di tre ore rispetto
all’orario fissato in precedenza per il giorno successivo.
La donna non aveva potuto
sottrarsi dal baciarlo, il Barsanti, caduta nel tranello sentimentale solito
colpire chi, alzando gli occhi dalle righe di un romanzo, si dimentica di
constatare che quello che sta intorno c’entra ben poco con l’appena letto. Così
Luciano si era ritrovato addosso una bella ragazza da abbracciare e alla quale
spiegare che dopo i tornelli dello stadio Meazza, si sarebbero riscaldati anche
grazie alle emozioni garantite da Inter-Bologna. Non avrebbe avuto torto.
Tra il trentasettesimo e il
trentottesimo minuto del primo tempo, il centravanti bolognese Marco Di Vaio
sarebbe riuscito per due volte a pugnalare la rammollita difesa nerazzurra.
Nell’intervallo, Moratti avrebbe abbandonato demoralizzato e furente la
tribuna, evitando quantomeno di assistere alla serpentina vincente di Robert
Acquafresca, spietata nel fissare il risultato finale: Inter 0, Bologna 3.
Al commissariato, il presidente
interista non sarebbe riuscito a convincere lo Sciancalepre riguardo alla
repentina necessità di interrompere la partita per verificare se sotto il manto
erboso di San Siro si trovasse davvero il cadavere della signora Giulia. Mi
avrebbe raccontato, l’ispettore, di un uomo ossessionato da un romanzo di Piero
Chiara: “I giovedì della signora Giulia”, convinto che il parco della villa
dell’avvocato fosse invero il prato della sua squadra del cuore e che appena
fuori dell’area di rigore, scavando, si sarebbe potuto scoprire con facilità il
viso di Giulia, un tempo così pallido, adesso colore del miele e quasi
trasparente. Mi avrebbe raccontato, l’ispettore, della discussione tra il
petroliere e Claudio Ranieri, giunto sul posto per provare a tranquillizzarlo, ma
con il suo solito, grottesco sorriso di fronte ad ogni pareggio e sconfitta. Mi
avrebbe raccontato, l’ispettore, di averli osservati andare via, camminando
paralleli fino al termine del muro del carcere prima di volgersi le spalle,
come due duellanti, e incamminarsi sempre con lo stesso passo, l’uno verso
destra e l’altro verso sinistra.