Milano – Provo una strana allegria a lavorare in libreria, talvolta
qualcosa di mistico o per lo meno accettabile, dicevo a Teresa d’Avila alla
fine dell’ordine alfabetico del settore Religione,
perché i santi come avrete intuito non li mettiamo tutti alla lettera “S”,
altrimenti sai che casino con Francesco e gli altri. A dire il vero Teresa ero
allegro a intermittenza anche quando facevo i materassi, quando vendevo
lavatrici o lavastoviglie, frigoriferi meno perché alla fine cosa vuoi dire dei
frigoriferi, dopo un minuto avevo già terminato tutto quello che dovevo
raccontare, no con i frigoriferi non provavo allegria, qualche cliente con
problemi di comprensione o magari chissà superiore solidarietà dialettica affermava:
“Allora questo è il congelatore. Ma due stelle o quattro stelle?”
Io rispondevo numericamente e la faccenda si chiudeva lì, refrigerati.
In libreria invece ero con Santa Teresa, verso la fine dell’alfabetico
di Religione anche se adesso mi viene
in mente che la “T” non è poi così distante dalla “S”, aveva ragione Emil
Cioran quando scriveva dello stile narrativo che nei mistici, e in particolare
in Teresa d’Avila, raggiungeva vette sorprendenti per scrittori non
professionisti? No del tutto, a mio avviso, troppe ripetizioni, l’ossessivo e
servile ringraziamento a Dio o Gesù scritto ogni poche righe, il richiamo ai
presunti grandi peccati e alla spregevole vita, cosa mai aveva combinato Teresa
pensavo consegnando all’interessato il libro richiesto che niente aveva a che
fare con misticismo o santità, cosa mai poteva aver combinato la non ancora
beata appena bambina per ritenersi così cattiva, prima della mia fine avrei
dovuta leggerla questa Vita che a
vent’anni non avevo studiato nemmeno nel periodo in cui mi occupavo con
riservatezza convinta di Thomas Merton, arrivavo in bicicletta fino alla prima
collina intorno alla città per guardare oltre le sbarre un monastero vero. Ma
ora riponevo il volume Castelvecchi
nello scaffale in basso ormai sapete dove, alla “T” dell’ordine alfabetico nel
settore Religione, ci sarebbe stato
tempo probabilmente per leggerti Teresa, l’allegria saltuaria del libraio
corrispondeva alla medesima del venditore di lavatrici o lavastoviglie su
questo non c’era dubbio, raffigurata sommariamente dal brillare occasionale e
simile di elettrodomestici o pagine e copertine.
Quindi ho lavorato al mattino, passeggiato tanto e pensato poco nei
pomeriggi, imbavagliato dalla non voglia di scrivere per manifesta inutilità
personale e collettiva di fronte a un fatto tragico, luttuoso e infame. Non ho
fatto caso alla pioggia sistematica nemica di ogni solitario camminatore, certo
avevo l’ombrello, ma chi aveva parlato di tiro dell’Ave Maria descrivendo il calcio
disperato all’ultimo secondo di Gesù Pirlo, capace di regalare ai bianconeri
la vittoria nel derby della Mole, quando il pareggio in effetti pareva ai più
la soluzione maggiormente idonea? Non riuscivo davvero a ricordarlo, il telecronista
certo no e allora mi sa che me l’ero immaginato io tutto da solo, per colpa di
Santa Teresa.