sabato 25 aprile 2015

A passeggio con il campionato (32)


Milano – Sarà che ho sempre preferito andare al parco o in collina piuttosto che in piazza, niente di personale, anche se devo ammettere che da ragazzo qualche volta, insieme agli altri dell’istituto tecnico per geometri partecipavamo agli scioperi pur non con la medesima consapevolezza e preparazione degli studenti dei licei. Loro ci aspettavano in via Trento, eravamo sempre a noi a doverli raggiungere partendo a piedi da via Oberdan, e quando ci accoglievano i liceali lo facevano con una forma di pietà raffinata: ecco sono arrivati i geometri, i ragionieri. Mi chiedevo se la divisione urbanistica della città, che separava in due distinti poli scuole umanistiche e tecniche, fosse una precisa scelta del non sempre rispettato piano regolatore. Poi si partiva tutti insieme preferibilmente verso piazza della Loggia, ma dopo pochi metri la ragione della manifestazione veniva sovente dimenticata; i rappresentanti d’istituto di scientifico e classico, muniti nella circostanza di megafoni e hashish per fare colpo sulle studentesse più affascinanti, si facevano ancora più belli e carismatici. Io mi annoiavo anche di certi cori da stadio con la rima baciata e prendevo per le vie laterali, la rima baciata no.

Nascosto nel quartiere vecchio mi veniva in mente il giovane Johnny partire in corteo, preceduto da marmocchi caracollanti e affiancato da carabinieri legnosi e sudati pronti a difendere i manifestanti da eventuali provocazioni di passanti non amanti del fascismo. Quindi tutti ammassati sotto il balcone, in attesa che apparisse il Segretario Politico immerso nel profumo della sua colonia al tabacco, deciso a gonfiare il suo infelice torace da riformato.
“Cosa faceva Eden?” “Schifo!” “Il Negus?” “Schifo!” “Cosa facevano i francesi?” “Schifo!” “Morte al Negus, morte a Eden!”
Ma il ragazzino Johnny e i suoi amici gridavano invece:
“England forever! England forever!” “Down with the Duce!” “The Duce is a pig!” “The Duce is a rascal!” Qualcuno intonava la Marsigliese.
Il Segretario Politico assentiva e sorrideva.

Così anche questa volta purtroppo venti anni dopo, sorretto dal lieto vantaggio di lavorare in libreria, nel sistemare sopra i tavoli e gli scaffali le novità settimanali (annunciatrici di grandi scrittori italiani contemporanei, quasi tutti redattori o collaboratori di riviste che nessuno legge parenti esclusi, o tradotti all’estero in varie lingue o usciti dalla certificata scuola di scrittura o vincitori e/o almeno candidati al premio), mi sono ritrovato tra le mani Il libro di Johnny curato da Gabriele Pedullà e ho lasciato cadere un sospiro, più involontariamente un paio di alterate fascette editoriali per bisonti. Quanto mancava alla fine del turno? E uscito dalla libreria, non prima di essere passato alla cassa con il mio badge aziendale per fortuna scontante le ventotto euro, dove e a che ora l’appuntamento sotto il balcone per gridare qualcosa di ironicamente contrario presumibilmente a Matteo Salvini, sconfortante e comico personaggio letterario che Beppe Fenoglio avrebbe magistralmente descritto come fatto ad esempio con Juancito, pardon, con il caposquadra Rabino; o come con lo stesso Segretario Politico affacciato al balcone, proteso in saluto romano per versare benzina sul fuoco vociferante dei manifestanti?

Verso il parco, verso la collina più vicina.