giovedì 30 ottobre 2014

A passeggio con il campionato (9)

 



















Brescia – Così mio padre è morto e io sono andato allo stadio, poi dicono perché ami tanto il calcio. Ma era gennaio e Michel Platini giocava contro il Brescia al Rigamonti, ormai senza papà al macellaio del quartiere era venuto in mente di portarmi perché lui aveva l’abbonamento in tribuna, grazie Luigi, era così pieno che con altri bambini stavamo accosciati in prima fila spiando nei rettangoli lunghi grigi creati dalle inferriate, tanto nessuno dei trentamila vedeva niente anche se qualcuno sosteneva di aver visto qualcosa, era una giornata infame, nevicava da giorni e nemmeno la domenica aveva smesso quindi il campo era completamente bianco, il pallone arancio, il Brescia azzurro con la consueta V bianca, la Juventus a strisce bianconere. Ci facevano anche male le ginocchia a forza di restare piegati, non vedevo Platini e dopo che era morto mio padre questa ulteriore mancanza di visione mi sembrava davvero eccessiva e sintomo di accanimento, ma non si trattava di una faccenda personale, anche il macellaio in automobile lontano da occhi indiscreti sulla strada del ritorno mi avrebbe confessato di non aver visto nulla, che la partita era finita 0-0 nonostante una traversa di Laudrup, un palo di Serena, una grande occasione per Branco e un goal annullato a Brio dall’arbitro Agnolin.
Quindi trent’anni dopo nel giorno dell’eventuale settantaduesimo compleanno di Guerrino mi sono brevemente addormentato dopo pranzo da mia madre e poi siamo andati al cimitero di San Bartolomeo, il caos per trovare parcheggio era simile a quello di una partita perché il Giorno dei Morti si faceva vicino e nessuno voleva fare brutta figura, abbiamo preso la scala grande in ferro per arrivare alla tomba in alto come avevamo fatto per anni ogni domenica mattina, Pietro a tre anni osservava con attenzione questo luogo dove tutti innaffiavano i fiori, dove certe lastre scure di pietra sdraiate per terra sembravano laghi, e quando mi ha chiesto:
“Che ci facciamo qui?”
Io gli ho detto siamo venuti con la nonna che deve dare da bere a tutti questi fiori, è un posto dove la gente viene a dare da bere ai fiori, il giorno del 1987 in cui non ho visto Michel Platini mai avrei pensato che vent’anni dopo sarei riuscito addirittura a pubblicare un romanzo che parlava di mio padre e di Michel Platini, a vederlo tradotto in Francia, ancora meno che avrei ricevuto un biglietto di ringraziamento da parte di Andrea Agnelli per avergli regalato egoisticamente una copia di Mio padre era bellissimo, tutte cose che non contano nulla eppure mi hanno fatto un enorme piacere.
Siamo usciti dal cimitero facendo sgranocchiare i sassolini sotto le scarpe, Pietro voleva un gelato nonostante il freddo, tornati a casa dagli altri nonni dopo cena ho visto al computer con il segnale che saltava ogni 5 secondi una partita orrenda, prima inutile poi sfortunata per via di due pali colpiti. Ad un quarto d'ora dal termine il segnale è scomparso definitivamente e sul display è comparsa la scritta Errore 404. Tanto finisce 0-0, pensavo mentre mi lavavo i denti fingendo di non far caso al risultato, ma ho saputo in seguito che al novantaquattresimo Matri ha colpito al volo mettendo al centro dove Antonini da pochi passi ha appoggiato la palla in rete alle spalle del cinquecento volte bianconero Buffon. Il Genoa ha battuto la Juventus uno a zero, Pietro mi ha detto:
“Allora che si fa prima di dormire leggiamo una storia o me ne racconti una di quelle tue inventate?”
Io gli ho risposto una delle mie inventate, poi si è addormentato e ho letto per dieci minuti il nuovo libro Bompiani di Michel Platini.

martedì 28 ottobre 2014

A passeggio con il campionato (8)


Milano – C’era un vento a Milano e una luce che sarebbe piaciuta a Meister Eckhart, dicevo a me stesso passeggiando a fatica verso il dottore con un dito tagliato, non il dottore ma io, che la sera prima avevo infilato senza la consueta cura un piatto nella lavastoviglie centrando un coltello seghettato posizionato con la punta verso l’alto, di quelli ottimi per tagliare la carne o la pizza. Spargimento di sangue, pollice sotto l’acqua fredda, rosso che se ne va, tutto in apparenza sanato ma al mattino seguente il dito gonfio come una noce, difficoltà a muoverlo, la decisione di recarmi dal dottore e non al lavoro. Mercoledì pomeriggio, a Milano, come ogni volta che vado dal dottore e penso a ripetizione la prosa migliore per spiegare il mio malessere, fortunato il mio dottore, Meister Eckhart In agro dominico, la bolla papale in cui venivano censurate ventisei sue proposizioni.
Guardi un banale incidente domestico, ho detto alla fine al dottore, ieri sera mentre infilavo un piatto nella lavastoviglie ho centrato un coltello con il seghetto, uno di quelli ottimi per tagliare con facilità la carne e la pizza, all’inizio sembrava solamente un taglio, questa mattina invece non riuscivo a muoverlo, il pollice, ho pensato di venire da lei in compagnia di Meister Eckhart. Quando ho terminato la mia esposizione spiegando l’impossibilità, con un pollice in simili condizioni, di poter espletare correttamente il mio lavoro di libraio, lei mi ha detto:
“Ah, lavora in libreria. Quale? Mi consiglia un bel romanzo? Cosa ne pensa ad esempio di Tiziano Terzani?”
Io le ho risposto Feltrinelli piazza Piemonte venga a trovarmi, qualcosa di professionale in merito al romanzo adatto ai suoi gusti, per quanto riguarda Tiziano Terzani invece altro relativo alla fama di una persona in vita e successivamente dopo la morte, a una certa, tipica serialità di alcune pubblicazioni moderne, ha presente piuttosto Meister Eckhart? Pensavo a lui camminando verso lo studio medico, per via di questo vento e di questa luce, egli parlava dal punto di vista dell’eternità, ma spesso veniva inteso dal punto di vista del tempo. Con un dito come una noce in ogni caso è improbabile digitare correttamente i numeri sul display della cassa numero 7, lei mi ha interrotto affermando:
“Non c‘è dubbio. E ho capito ciò che intende su Terzani, ma la sua rubrica settimanale non dovrebbe trattare di calcio, del campionato?”
Sì, proprio di questo le stavo parlando, e consultando il calendario della Serie A, avrà notato che la prossima settimana ci saranno tre partite in sette giorni. Restando alle favorite: Juventus contro Palermo, Genoa ed Empoli. Roma contro Sampdoria, Cesena e Napoli. Non potrà sfuggirle che totalizzando 9 punti in tre partite per la Vecchia Signora potrebbe materializzarsi la prima fuga stagionale, seppur a circa un quarto di torneo. Ma anche con 7 punti in tre partite per i bianconeri, escludo che i giallorossi ne possano ottenere altrettanti considerando la forza di Sampdoria e Napoli.
Poi sono uscito dalla discussione medica, nei giorni seguenti quel vento e quella luce a Milano non si sono più ripresentati, per studiare con attenzione Meister Eckhart uno dovrebbe trascorrere almeno un mese in completa solitudine altrove e potrebbe non bastare, sabato la Roma è stata fermata sullo 0-0 dalla Sampdoria mentre domenica la Juventus ha sconfitto il Palermo per 2-0. 

mercoledì 22 ottobre 2014

A passeggio con il campionato (7)


Milano – Poi è arrivato un taxi bianco è scesa Elisabetta Sgarbi bella con gli occhiali verdi e lo smalto rosso, Sandro Veronesi fumava fuori dalla libreria circondato dai Bompiani, io sostavo davanti alla vetrina dove stavano esposti Daria Bignardi e Aldo Cazzullo. L’avevo fatta io quella vetrina ma al mattino, il privilegiato mestiere di libraio comporta un certo tipo di espiazioni che vi lascio immaginare, come tutti i mestieri mi direte e infatti mica sostengo il contrario, precisamente alle otto e cinque avevo raggiunto il marciapiede esterno al negozio per mimetizzarmi meglio nel buio dell’alba con due grandi cartonati pubblicitari raffiguranti Aldo Cazzullo e Daria Bignardi, avevo sistemato i loro volti enormi in posa televisiva pensante in modo da disegnare uno schema geometrico rispetto alle copie dei volumi col bollino Novità, diciamo un appena percettibile rombo. Ma adesso il turno era finito, il pomeriggio volgeva alla sera e potevo spiare dal centro di corso Vercelli, stando solo attento che non mi travolgesse il tram numero 16, verso sinistra in lontananza la Madonnina del Duomo risplendere illuminata, verso destra Sandro Veronesi fumare con un piede appoggiato allo scalino, Elisabetta Sgarbi entrare in libreria con gli occhiali verdi e lo smalto rosso mentre Umberto Eco invece no, che si accomodava in prima fila nel prestigioso ruolo di spettatore. Sfioravo con le dita nella tasca della giacca leggera il volume arancio di alcune conversazioni di Cioran, Un apolide metafisico, quindi la presentazione di Terre rare aveva inizio, il conduttore partiva molto alto citando la recensione del Corriere della Sera che aveva parlato di capolavoro e di John Steinbeck, Veronesi si prendeva meno sul serio ma con professionalità, una ragazza volgare prima mi dava una gomitata eccessiva rispetto al numero dei partecipanti, poi sussurrava all’amica prima di aggredire il bancone del Caffè La Feltrinelli:
“Che sbattimento di coglioni, che sbattimento di coglioni”.
Ma non era affatto così, allora che ci stai a fare qui stupidella, anzi Sandro Veronesi mi faceva venire voglia di comprare il suo romanzo pur avendo pochi soldi già al 14 del mese, nel finale leggeva il brano del “martelletto Michelin” che faceva ridere amaro con la pancia e ben rappresentava il suo talento, andate a cercarlo nelle pagine di Terre rare, mi veniva voglia di dargli una pacca sulla spalla, di regalargli egoisticamente e con ammirazione una copia del mio Fuorigioco antipatico, di chiedergli dopo tante piacevoli  chiacchiere letterarie un pronostico sulle partite del fine settimana: Roma-Chievo e Sassuolo-Juventus. Del resto anche Bohumil Hrabal un giorno disse:
“Dell’Italia amo, soprattutto, Ungaretti e la Juventus”.
Mentre l’invisibile Thomas Pynchon al suo agente letterario italiano chiede spesso:
“Roberto, quanto ha fatto la Juventus?”
Queste due cose me le ha dette Darwin Pastorin.

martedì 7 ottobre 2014

A passeggio con il campionato (6)


Milano – Alda Merini ha smesso di scrivere per un ventennio, mi ricordava Maria Corti nell’essenziale, fondamentale introduzione a Vuoto d’amore. Per la precisione dal 1961 al 1979, che a ben vedere sono diciotto anni, ma non mi sembrava il caso di fare il matematico camminando verso il lavoro come quasi ogni mattina verso le sette e quaranta. Vent’anni pensavo, da Tu sei Pietro a La Terra Santa. Tu sei Pietro per ovvie ragioni paterne attirava il mio interesse. Vent’anni di internamenti, di salute e di malattia, vent’anni di silenzio. Alda Merini non ammessa da ragazzetta al Liceo Manzoni perché respinta, in italiano!, conferma che la scuola nei riguardi degli artisti non tradisce mai le proprie tradizioni, mi ricordava Maria Corti. Così procedevo, l’orologio verde pubblico sempre rotto di via Veronese faceva le undici e venti da qualche mese e talvolta lo ammetto pensavo di essere in ritardo, oggi quanti smetterebbero di scrivere per diciotto anni, nell’attuale incombente cultura dello spettacolo è necessario resistere alla tentazione di dilatare leggende che fioriscono sulla follia, il disordine mentale, l’orrore quotidiano come miti dell’immaginario, mi ricordava Maria Corti. Ma poi, entrato in un bar per un caffè, dopo l’incrocio tra via Buonarroti e via Marghera, una radio parlava dei tumulti scoppiati nella notte in diverse città d’Italia e in particolare a Roma, di squadriglie non ben identificate eppure note alle forze dell’ordine che avevano rapito e preso in ostaggio l’arbitro Gianluca Rocchi trasportandolo dalla sua casa di Firenze al centro sportivo di Trigoria. Il decimo miglior arbitro del mondo nel 2013 secondo l’IFFHS, organismo riconosciuto dalla FIFA per statistiche e record riguardanti la storia del calcio, veniva quindi liberato dai lacci che gli stringevano i polsi e dal cappuccio che gli impediva la vista per guardare e riguardare su un maxi-schermo gli errori commessi durante Juventus-Roma e venire giudicato di conseguenza colpevole dal tribunale sportivo del popolo giallorosso. La pena comminata era la più feroce e di moda del periodo: la decapitazione con video su youtube. Non si trovava tuttavia il coltello adatto, Rudi Garcia allora ingannava il tempo suonando con la chitarra El Porompompero, sulla superficie dell’Italia navigavano intanto barzellette e frasi ripetute a pappagallo sulla Juventus che rubava come sempre, il parlamentare del PD Marco Miccoli prometteva di presentare un’interrogazione al ministro dell’Economia ed un esposto alla Consob dopo i fatti che si erano registrati durante la partita di domenica, ma su questo versante la minoranza non estremista pur presente nel Paese restava tranquilla conoscendo il valore di certe promesse politiche e la velocità media dei lavori a Montecitorio. Reperito quindi il coltello si procedeva al taglio, ma anche vedendo e rivedendo il filmato dell’esecuzione non si riusciva a stabilire con certezza se la testa di Gianluca Rocchi avesse o no superato la linea bianca tracciata sul terreno di gioco dal capitano Francesco Totti, che a suo dire da tanti anni perdeva così ma non si capiva bene cosa. La memoria della testa tagliata scompariva, Poroppoppo-Poro-Porompompero-Pero, il risultato omologato restava comunque Juventus 3 Roma 2 con doppietta su rigore di Carlos Tevez, gol per i giallorossi di Totti su rigore e Iturbe, rete decisiva molto bella di Leo Bonucci con un tiro al volo dal limite a quattro minuti dal novantesimo. Eppure Alda Merini avrebbe faticato e non poco a trovare un editore dopo aver ricominciato a scrivere sopravvissuta agli anni di manicomio che era stato per lei parola assai più grande delle oscure voragini del sogno, grande cassa di risonanza dove il delirio era diventato eco. Uscivo dal bar, superavo l’edicola dei giornali ripieni di titoli comici e strillati relativi alla partita di calcio, giravo a sinistra in piazza Piemonte, guardavo come sempre verso via Washington i due grattacieli gemelli e un po’ diversi di Mario Borgato e timbravo il cartellino.