domenica 25 novembre 2012

Finalmente domenica! (14)


Non tutte le insonnie portano a culmini di disperazione. Ad esempio ero lì per terra con Pietro saranno state le tre o le quattro di notte perché aveva il raffreddore o il mal di pancia o non aveva digerito bene insomma P. dimmi cos’hai, cerca di essere preciso, ma vedo che giocando un po’ a pallina o dita di grande che corrono sul parquet per poi toccarti all’improvviso braccia o petto facendoti stupore-spavento la tua situazione clinica migliora enormemente. Ero lì per terra di notte comunque, e pensavo a Emil Cioran ventiduenne insonne in Transilvania che passeggiava nelle strade deserte o talvolta abitate da prostitute solitarie che gli facevano compagnia nei momenti di supremo smarrimento, e poi a me quando ritorno in automobile dal calcetto il lunedì sera ci sono anche qui le prostitute in grande numero lungo viale Monte Rosa, come escort dei poveri che calciatori veri non sono diventati, ma io non cerco consolazione, anche se comprendo. La veglia ininterrotta non è garanzia di opere d’arte, ditelo a certi aspiranti scrittori che resistono a fatica con gli occhi spalancati durante le tenebre, o che vanno a puttane nella speranza che giunga loro dopo una fellatio l’idea fondamentale per un nuovo romanzo, o a certe giovani scrittrici che riempiono di loro fotografie in camera da letto la bacheca personale di Facebook, giocandosi tutte le carte possibili per avere nuovi Amici, seguito e diventare famose. Altro consiglio, direttamente dalla famiglia Borges, il padre al figlio Jorge Luis raccomandava di leggere molto, scrivere molto, e pubblicare il più tardi possibile. Indicazione disattesa per primo dal figlio realista e magico, poi dalla stragrande maggioranza specie nell’italiana contemporaneità, anzi a proposito il mio secondo romanzetto sarebbe pronto, se qualcuno volesse farsi vivo sono pronto a parlarne visto che ho chiuso ogni rapporto col mio precedente editore, faccio come il magnifico Aldo Busi grido ai quattro venti la mia libertà contrattuale  così vediamo se mi chiama subito qualcuno.

Ma non dovevamo parlare di calcio in questa rubrica? No, meglio Emil Cioran ve lo assicuro, l’atroce pessimismo dei suoi titoli porta invero comica meraviglia: L’inconveniente di essere nati, Squartamento, Sillogismi dell’amarezza. A volte confesso, mentre lavoro in libreria vado di nascosto all’inizio dello scaffale di filosofia e li ripeto a mezza voce i titoli di Cioran: La tentazione di esistere...arriva una signora che mi chiede l’ultimo di Vespa e io le dico ma signora: e provare invece con Squartamento? Ottimo anche come idea-reaglo per natale, Squartamento. Squilla il telefonino (è già il primo editore che si fa vivo per il mio nuovo romanzetto, non ne sono affatto sorpreso) alle quattro e mezza di notte dico a Pietro sai cosa mi fa ridere? che il mio primo romanzo non convinceva diversi editori, mentre adesso qualcuno mi ha già detto sai, avremmo bisogno di una cosa tipo il tuo primo romanzo, ma come? e allora di cosa stiamo parlando? non di calcio, anche se due paroline su come alcuni insospettabili vivono con violenta antisportività le partite mi stavano scappando, il problema è che una generazione o due di giornalettai ha distrutto disinformando di proposito il tessuto sportivo di un popolo, ed è sempre più difficile trovare qualcuno che parli di football per davvero, senza atrofizzarsi su rigori negati o fuorigioco non fischiati. Caro Pietro, Pe culmile disperarii, viviamo perché le montagne non sanno ridere né i vermi cantare, pensaci tu a dirlo a quelli là del Bar dello Sport che non leggeranno mai Cioran.

domenica 18 novembre 2012

Finalmente domenica! (13)



Se non fossi stato così bello, non si sarebbe mai parlato di Philip Roth. Pensavo a questa ottima scusa da snocciolare a me stesso e pure ad altri in un mondo ironico e parallelo di mia invenzione eppure reale, fatto di stupidi così andavo sul sicuro. Tanto la Terra è piena di gente che si prende sul serio, di scrittori che si prendono molto sul serio, di palloni gonfiati, tipo questo fine settimana che a Milano c’era il lodevole Bookcity festival con incontri eventi reading ecc., ma io sarei andato solo per ascoltare Gurrado parlare di Joyce o Busi di se stesso, agendo su me stesso per fare in modo che l’orsa pigriza e la tendenziale insofferenza alle sagre non finisse col prevalere come spesso. E invece c’erano pure due belle partite sabato: Juventus-Lazio e Napoli-Milan e allora ho detto, sto a casa. Tuttalpiù, dopo la mattinata lavorativa culminata con l’acquisto-premio di Everyman, mi metto a sfogliare il libro nero di Philip Roth mentre la Juventus attacca e attacca, e la Lazio si difende e si difende. 0-0, nonostante 18 tiri in porta contro 0 e 11 calci d’angolo contro 1, roba da matti, ma che macchina da calcio quasi perfetta ha inventato Antonio Conte? e non ne parla quasi mai nessuno per ignoranza o malafede, più comodo riempire i giornali con polemiche stucchevoli o accuse inventate. Non mi viene neanche il nervoso perché quando Marchetti a metà del secondo tempo smanaccia in controtempo il tiro deviato del migliore in campo Vidal, ho già capito come andrà a finire: 0-0. Pazienza, mi resta il gioco di una squadra che si muove con armonia, intelligenza e coraggio e ne discuto amabilmente con Arrigo Sacchi, raro appassionato di calcio in un paese di guelfi e ghibellini, non con il telecronista Mediaset che nel presentare la partita aveva affermato: “A Pescara si è rivista la Juve feroce, la Juve dalla mascella volitiva”. In diretta dal Ventennio.
Che poi non è che non sopporti del tutto le fiere del libro, ma i reading invece sì. I reading mi ammazzano, specie quelli con l’accompagnamento musicale, quelli mi uccidono. E’ più forte di me, la spettacolarizzazione dell’intimo in chiave pop-rock mi urta, e infatti come dicevo sarei andato a vedere solo Gurrado perché mi aveva assicurato parlando di Joyce non avrebbe suonato la chitarra elettrica, e Busi perché ogni suo one man show è meraviglia in un mondo pseudoculturale che puzza di cadavere ammobiliato.
All’inizio di Everyman, tutti intorno alla fossa a tirare pugni di terra sulla bara e a dire qualcosa del defunto. Il rumore della terra sul coperchio di cipresso, davvero qualcosa di definitivo. Certi piccoli scrittori che non parlano mai “male” di quelli commercialmente più grandi perché magari un giorno potrebbero tornare utili, che noia. Nell’intervallo della partita, ascolto Radio3 e becco Beppe Severgnini che dal Bookcity festival dà consigli ai giovani e la cosa mi fa venire voglia di vomitare, sebbene non stia guidando. Beppe Severgnini, consiglia i giovani. Spengo, mi diverto molto di più a guardare due partite di pallone, anche se tiri 18 volte verso la porta e non c’è niente da fare, Juventus-Lazio finisce 0-0 e come dice Everyman è impossibile rifare la realtà, bisogna prendere le cose come vengono, tener duro e prendere le cose come vengono. Non c’è altro sistema.

domenica 11 novembre 2012

Finalmente domenica! (12)


Ero in automobile mentre la radio diceva che Katherine Mansfield amava indossare calze colorate, e poi che si era ammalata di tubercolosi, e poi che verso la fine non avendo niente da perdere era andata a Fontainebleau presso "L'istituto per lo sviluppo armonioso dell'uomo" fondato da George Gurdeijeff secondo alcuni una guida spirituale secondo altri un ciarlatano per quanto mi riguarda non so, ma quando ho cominciato a leggere un suo libro in passato mi sono addormentato. Restando alle calze colorate, ho sempre avuto un debole per le donne con le calze colorate. Rosse, blu, verdi o gialle. Rosse in particolare, miliardi d'anni fa una ragazza con le calze rosse, me la ricordo abbastanza bene. Tuttavia proseguendo con Mansfield, qualcosa sembrava andare meglio e quando un giorno suo marito Murry era andato a trovarla da Gurdeijeff lei gli aveva detto saltando sulle scale: "Guarda, sono guarita!" ma arrivata in cima all'ultimo gradino era morta. Così hanno detto in radio, e io ero quasi a Bergamo e ho pensato ma che sfiga, Katherine. E anche tuo marito non la meritava una scena del genere, ci sarà rimasto male.

Poi a Brescia vicino a Ponte Crotte quello che passa sopra il fiume Mella, alla fermata dell'autobus ho visto una tipa con le calze degli Stati Uniti cioè che aveva una gamba a strisce bianche e rosse e l'altra blu con le stelle bianche e mi sono detto d'accordo le calze colorate, ma qui stiamo esagerando. Però mi sono sempre piaciute le donne con le calze colorate, rosse in particolare, mi pare di averlo già detto. Comunque se fossi stato in un fumetto di Paco Roca avrei abbassato il finestrino e avrei detto alla fermata Hey ragazzina americana d'accordo le calze colorate, ma non esageriamo. La vita che potrebbe essere in fondo è quella che l'immaginazione non ha il coraggio di mettere in pratica. Paco Roca invece ha messo in pratica la sua di vita, gli è andata bene e se lo merita perché e' bravo, non che io sia un'autorità in merito di graphic novel ma insomma o forse proprio perché non sono un grande esperto, "Memorie di un uomo in pigiama" l'ho trovato meraviglioso, ho riso tante volte da solo, una volta anche mentre ero al bagno, e anche al lavoro in libreria ad un certo punto ho chiamato Marta e Pamela saranno state le 9.10 e ho detto loro guardate qua all'inizio quando il bambino scopre che alla fine della scuola dell'obbligo non c'è la possibilità di stare per sempre e finalmente a casa in pigiama come lui credeva ma ci sono le superiori e poi l'università ecco, glielo dice la madre e il bambino quel giorno perde tutta la sua innocenza infantile, roteando su sfondo bicolore a spirale come James Stewart in Vertigo di Hitchcock, mi pare, ma col pigiama di "Moscu 80".

Katherine Mansfield, non lo so ma io credo mi sarebbe piaciuta, ho pensato in automobile e non solo per via delle calze colorate. Una volta Virginia Woolf che ne invidiava la bravura e si vergognava di provare tale sentimento, pur adorandola, le confessò in una lettera il desiderio di essere lei, ottenendo come risposta da Katherine che lei invece vista la situazione tubercolosica avrebbe desiderato essere un coccodrillo, unico animale a non tossire.
Così hanno detto alla radio, poi ho spento sono sceso dall'automobile in Franciacorta e tutto quello che avevo immaginato presumo sia tornato in autostrada, lasciandomi in balia della mia vita vera e di una domenica con i capelli corti, la prima da almeno sei mesi.

domenica 4 novembre 2012

Finalmente domenica! (11)


Ordunque, martedì scorso mio padre avrebbe compiuto settant’anni. L’avevo pensato più volte nei giorni precedenti poi martedì mi sono svegliato e mentre facevo la strada a piedi per andare al lavoro mi è arrivato un messaggio di mia mamma che diceva oggi Guerrino avrebbe compiuto settant’anni, e chissà come sarebbe stato. Già, ma non c’era tristezza in quel chissà come sarebbe stato piuttosto altro una specie di non religiosa rassegnazione e allora sono passato davanti al mercato comunale il fiorista aveva sostituito il poster di Quagliarella con quello di Del Piero, giuro, la fruttivendola gigante e riccia di stampo medievale faceva vibrare il marciapiede con il suo peso mentre il figlio metteva a posto la frutta con la sigaretta in bocca e il fumo gli andava negli occhi rossi. Io, vado da un altro fruttivendolo. 
Comunque nessuna paura, non ho nessuna intenzione di scrivere un altro romanzo su mio padre che poi gli esperti dicono Savio basta, Dio santo Savio basta romanzi su tuo padre. E io ma certo ci mancherebbe, per sorprendere bisogna diversificare e allora io scrivo di mia madre che era diversa da quella dello scrittore ungherese Péter Esterhazy che lo accompagnava agli allenamenti da bambino sperando che diventasse un calciatore e che gli diceva si può giocare male, ma non da stupidi. Puoi giocare male, ma con il cervello! 
Mia madre mi accompagnava pure lei al campo di calcio ma non sperava niente e non diceva niente, sopravviveva e io invece notavo che la maggioranza dei bambini era sostenuta a gran voce dai padri in tribuna mentre mia madre era donna e la cosa mi metteva in minoranza psicologica che adesso non vorrei stare qui a polemizzare ma poi anni dopo mia madre mi ha detto che qualche volta ero finito in panchina perché gli altri avevano i padri che rompevano le balle agli allenatori per far giocare il loro figliuolo mentre lei figurati, non poteva mica andare lì in mezzo a tutti quegli uomini a. 
Ad ogni modo, martedì scorso mio padre avrebbe compiuto settant’anni e come talvolta nel passato il giorno del suo eventuale compleanno mi sono successe cose strane. Anni fa la pubblicazione di un romanzo da lui ispirato, giunto nelle librerie dopo mesi di rinvii esattamente il 30 di ottobre. Pochi giorni fa la partecipazione come spettatore alla presentazione di un volume dedicato al Guerin Sportivo in una libreria di corso Buenos Aires, Argentina, lo scambio di chiacchiere con tre noti giornalisti della carta stampata, il colossale fraintendimento di essere invitato a cena con loro, l’arrivo al ristorante prescelto nella grande sala con tavolo ovale riservato dove io e A. ci rendiamo conto che non ci sono sedie abbastanza, cioè ci sono sei sedie e noi siamo in otto, e allora beh ciao a tutti buona cena a voi, noi andiamo a mangiarci una pizza girato l’angolo alla Columbrina. Dentro questa esclusione più o meno comica e casuale, la distanza tra “noi” e “loro”, senza peraltro alcun desiderio di essere loro, con lo stupore di pensare ma come, aggiungete due sedie e ceniamo tutti insieme, insomma io a parti invertite avrei fatto così. E invece no. 
In ogni caso uno dei tuoi tanti scherzi papà, come la telefonata del giorno seguente che mi svela il luogo dove si svolgerà il terzo appuntamento di gruppo per l’assegnazione di un appartamento in cohousing, selezione alla quale sto partecipando da qualche mese con Marta e Pietro, e il luogo prescelto questa volta per la prima volta è la grande sala del ristorante dove la sera prima sono stato escluso. Vorrà pur dire qualcosa, come la sensazione che avevo nell’avvicinarsi di Juventus-Inter che avrei firmato per un pareggio, anche se immediatamente sentivo Conte urlarmi in faccia che non si firma mai per un pareggio! Che si può giocare male, ma non da stupidi! Ma questa volta Antonio io avevo addosso presentimenti strani, perché vuoi vedere che proprio con i rivali più sgraditi, vuoi vedere che saranno proprio loro a interrompere la straordinaria serie di 49 risultati utili consecutivi in campionato e pure l’inviolabilità dello stadio nuovo, in un colpo solo. E così è andata, e visto papà che tu eri interista seppur ringraziando il cielo molto meno che bresciano, questo è l’ultimo scherzo che mi hai fatto nella settimana del tuo compleanno.