martedì 31 agosto 2010

Serie A: Bari-Juventus (I pavoni della O'Connor e i piccioni di Del Neri)

La mia scrittrice preferita ama più di ogni altra cosa i pavoni. Perché fanno la ruota con la tranquillità con cui altri potrebbero accendere una sigaretta. Perché improvvisamente, senza preavviso, aprono la coda e la fanno vibrare. E a quel punto, anche se è la milionesima volta che lo si vede, questo spettacolo colpisce gli occhi di chiunque. Dove c’è un pavone c’è una mappa dell’universo.
Pensando alla O’Connor, e alla misteriosa bellezza dei pavoni, domenica pomeriggio mi è capitato di guardare Bari-Juventus, sperando che la Grazia, sempre protagonista dei racconti di Flannery, si manifestasse in una giocata di uno dei ventidue giocatori in campo. Forse attendevano la stessa cosa gli spettatori in festa sugli spalti, felici per l’inizio di un nuovo campionato, e pure qualche calciatore, inquadrato per la prima volta anche dentro gli spogliatoi prima di scendere sul terreno di gioco.
Marchisio diceva a un compagno di aver fatto un movimento che qualcuno (forse Del Neri) aveva insinuato lui non avesse compiuto o capito, in un allenamento oppure in una partita precedente, Lanzafame ascoltava nelle cuffie chissà quale musica pettinato come Bob De Niro in “Taxi Driver”, Almiron curava i suoi muscoli sdraiato sopra un tappetino con le gambe verso l’alto, mentre gli altri ragazzi di Ventura guardavano una lavagna dove c’era scritto: “Se vogliamo, possiamo”.
Il pavone più bello purtroppo per gli juventini è stato Massimo Donati, che ha messo in mostra le sue piume bianche e rosse con una giravolta che ha sorpreso proprio Marchisio, prima di infilare la palla nel sette con un gran tiro allo scadere del primo tempo. I bianconeri, già bruttini fino a quel momento, sono diventati mostruosi durante la ripresa, messi alla frusta da un Bari più organizzato e meno pauroso. Del Neri in panchina ha continuato a mangiarsi le unghie, poi si è alzato per dare indicazioni con gli indici delle mani, muovendoli prima avanti e indietro, poi in diagonale. Motta, De Ceglie e Pepe l’hanno guardato stupefatti.
Più che pavoni i giocatori della Juventus mi sono sembrati dei piccioni, tragicamente impegnati in un sforzo superiore alle loro possibilità. Nello sguardo di Marotta in tribuna invece, ho riconosciuto certe espressioni di Renato Pozzetto ne “Il ragazzo di campagna” con la Sampdoria a recitare il ruolo della campagna, e la Juventus quello della città.

domenica 29 agosto 2010

Quattro amici em bycicleta


Su QuasiRete, il blog della Gazzetta dello Sport sui libri e la cultura dello sport, rispondo a sette domande fondamentali riguardanti il prossimo campionato di Serie A. Sono in ottima compagnia, fanno altrettanto Antonio Gurrado, Jvan Sica, Wanda Wilcox, Carlo Martinelli, Frank Parigi, Fabio Benaglia, Gianni Bertoli e un ospite a sorpresa.

mercoledì 25 agosto 2010

Un'estate tra Martin Eden e Marco Pantani


Martin Eden non ha fatto in tempo a vedere Marco Pantani, e Marco Pantani non credo abbia letto Martin Eden.

Questa estate però li ho confusi spesso, per la leggera somiglianza dei nomi Marco e Martin, perché le avventure sublimi e disperate del protagonista del romanzo di Jack London mi hanno ricordato certi attacchi violenti e improvvisi del Pirata o Pantadattilo, come amava chiamarlo Gianni Mura nei suoi articoli, raccolti ne "La fiamma rossa", l'altro splendido libro che mi ha accompagnato quest'estate.

Ascendevo anch'io (un po' Martin, un po' Marco) verso la cima del monte di turno, aspettando lo stesso vento che soffiava sul Petrarca, ricordando l'inarrivabile bellezza di quell'invenzione alpinistica sul Mont Ventoux. Immaginavo il Poeta andare alla ricerca (come Eden) di un editore per la sua lettera "L'ascesa al Monte Ventoso" e scontrarsi sistematicamente con i rifiuti di chi trovava la sua opera inadatta al mercato ("Petrarca, lei lo sai meglio di me che il genere epistolare non tira").

Lasciavo i miei compagni di scalata ma senza togliermi cappellino, bandana e orecchino. Guadagnavo metri, girandomi a controllare se Ullrich o Riis ne avessero ancora. Ma no, non ne avevano più.
Poi mi accorgevo di non essere Pantani, e nemmeno Martin Eden.

Pensavo al peso di certe vittorie, sportive ed editoriali. Che i sette Tour vinti da Armstrong non valessero la metà di quello vinto da Marco Pantani. Questione di modi, di passione, di pazzia.
Che un libro come quello di Jack London, per chi sogna di fare lo scrittore, vale più di qualche corso di scrittura, e manuali di creatività.

lunedì 16 agosto 2010

Leggere Il Foglio a Obereggen, e i froci di Langone che non ascolta i Beatles

A Obereggen a Ferragosto ci sono dieci gradi, tutti usano i cuscini alti e al mattino fa male il collo. L'unica edicola è grande e ben fornita, ma una sola copia del Foglio. Il primo giorno, alle 9, non ci sono stati problemi. Il secondo, alle 10, non c'era già più. Prendo altri due quotidiani e chiedo alla proprietaria. Qui si parla un dialetto simile al tedesco, e poi l'italiano.
"Avete per caso Il Foglio?"
"Mi spiace, no. Preso uno, non so come si dice, più sveglio di lei".
Accuso il colpo, piove a dirotto.

Il Foglio è al momento il mio quotidiano preferito, nonostante il sostegno incondizionato a Silvio, ma ogni giornale ha la sua linea editoriale, figlia di chi caccia fuori il grano per farlo uscire in edicola. Sarà per via del formato, dell'odore della carta, della leggerezza delle sue poche ma scritte pagine, quasi senza pubblicità a differenza di Repubblica, altro quotidiano che leggo nonostante i suoi consueti articoli di politica, zeppi di isterismi contro Berlusconi e di grotteschi post-it a senso unico. Ma ci scrive Gianni Mura, e almeno lo sport posso guardarlo attraverso le sue frasi.

Il Foglio nell'imperdibile edizione del sabato, e anche in quella del lunedì, con una selezione dei migliori pezzi che tutta la stampa italiana ha prodotto durante la settimana.

Sul numero del 13 agosto però, uno dei più bravi foglianti, Camillo Langone, nella sua Preghiera si lamenta dell'impossibilità di raggiungere/vedere il mare. Per via dei troppi metri cubi di cemento (ma quale parte politica di solito non si oppone all'edificazione selvaggia, vedi Sardegna?), dei troppi italiani scoreggioni (splendida definizione) che amano l'assembramento anche in vacanza sulla spiaggia. Per via degli stranieri venditori di ciarpame, degli schermi televisivi appesi agli ombrelloni (ma quale politico italiano ha contribuito in maniera decisa a trasformare l'Italia in una Repubblica televisiva?). Ma soprattutto di due froci che si baciano sul lungomare. Gli danno proprio fastidio questi due froci a Camillo. Posso immaginare che anche ai due froci però non faccia piacere avere alle spalle Langone che li spia, chissà per quale ragione. Penso a un altro lungomare, quello di Ostia, dove Pasolini fu ucciso a legnate al grido di FROCIO DI MERDA. Mi chiedo se chi non sopporta la visione di un bacio gay si sarebbe unito rabbiosamente al coro razzista o avrebbe magari difeso uno dei più grandi poeti del dopoguerra, per caso omosessuale.
Il giorno dopo Langone se la piglia con Yoko Ono, vedova arpia, e con quel citrullo del marito, John Lennon. Non capisce perchè qualcuno s'interessi ai Beatles, quando esistono gli Stones (stantia rivalità), gli Interpol (che hanno fatto forse 1 bel cd) e i Groove Armada, addirittura. Mah, i gusti.

Non mi resta che sperare, visto che al mare in agosto non ci vado e non posso così intralciare con la mia presenza la sua visione delle onde, di incontrare il bravo Langone durante una passeggiata montana. In Alto Adige gli italiani sono meno che al mare, e si comportano in modo meno deprecabile.
T'incontro e saluto lungo il sentiero Camillo, magari davani alla Cappella Kirchlein am Kob-Hof a Eggen, che racchiude nel suo semplice splendore una Madonna negra con bambino negro. Mi fermo e dico una Preghiera: cara Madonna negra, dona pace agli uomini, alle donne e ai gay, a chi vota Obama o Sarah Palin, Bersani o Berlusconi. Amen.

sabato 7 agosto 2010

Un'intervista al più grande scrittore italiano vivente

Pubblico un’intervista ad Aldo Busi a cura di Luca Telese, apparsa sul Fatto Quotidiano il 4 agosto 2010, e il giorno dopo su Altriabusi, sito che si prefigge di divulgare l'opera letteraria di Aldo Busi.
Busi: "Il Pd ha afflosciato la sinistra"
Secondo lo scrittore, Fini è meglio di Bersani. E il potere di Berlusconi è impotente
“La sinistra ormai sembra senza futuro. Mi rendo conto che potrebbe stupire qualcuno, ma l’unica speranza di chi vorrebbe in Italia qualche diritto e un sistema di regole di respiro europeo ha il nome di Gianfranco Fini”. Premessa. Sentendolo parlare di politica alla Zanzara, su Radio 24, ieri, ero rimasto folgorato. Infatti Aldo Busi, “il più grande scrittore italiano vivente” (autodefinizione storica che ormai nessuno può rifiutarsi di sottoscrivere) è convinto che la svolta del leader di An sia credibile anche per un progressista libertario come lui. Ed è convinto anche che l’unica possibile chiave di interpretazioni delle leadership politiche risieda nel retroterra erotico della politica.

Busi, lo ammetta. Sentirla parlare male del Pd e bene di Fini è una cosa che non può non stupire…
Sa, il trauma risale al giorno delle elezioni. Ero pronto ad andare a votare Pd, quando sento questa terrificante dichiarazione di Bersani: ‘Sono contrario al matrimonio fra omosessuali’.

E la cosa l’ha sorpresa?
Oh sì. In primo luogo perché era inutile, non glielo chiedeva nessuno. Poi perché non aveva senso dirlo: nemmeno La Russa direbbe una cosa così e infatti non l’ha mai detta. Sono affermazioni talmente stupide che si giustificano solo con il bisogno di ossequiare le gerarchie ecclesiastiche.

Pensa davvero che fosse quello l’obiettivo?
Ma certo. Dentro di me ho pensato: ma che cazzo vai a dire! Non ho più votato.

Però, ad essere rigorosi, anche Fini disse delle famosissime frasi contro i maestri omosessuali…
Frasi orribili. Però in un altro secolo. Non le scuso e non le dimentico. Ma non intendo nemmeno inchiodare Fini al suo passato.

No?
Ma no! A me oggi interessa il presente e, se possibile, il futuro. E sa cosa le dico? Che conta il percorso di Fini negli ultimi anni: il viaggio in Israele, la rottura sulle legge razziali, le posizioni avanzate sulla bioetica e sui diritti civili che mi fanno intravedere la possibilità di una destra moderna e finalmente europea.

Insomma, Fini la convince.
Pensi: non pretende di pontificare sulla religione, sulla vita di Eluana Englaro, vuoi per calcolo o vuoi per astuzia, ha fatto un percorso inverso a quello dei dirigenti democratici. E poi…

Cosa ancora?
È stato l’unico dentro il Pdl a dare bacchettate al Vaticano ricordandogli che non deve intromettersi nelle vicende dello Stato italiano. Parole sacrosante.

Lei sostiene che potrebbe addirittura votarlo.
E perché no? Se Fini avrà un anno di tempo potrà addirittura raggiungere il 12%.

Torniamo alla sinistra. Lei un anno fa disse: la destra è femmina, la sinistra è maschile. Ovvero: piena di dubbi, ossessionata come il maschio dalla paura di non essere abbastanza virile.
È così vero che le lancio questa provocazione. Io ho un problema: i leader della sinistra non riesco a immaginarmeli mentre fanno sesso. Prodi, Veltroni, Franceschini, sembrano sempre asessuati, flosci, più vecchi della loro età, non seduttivi.

Addirittura…
Mi perdoni la brutalità, ma lei riesce a immaginarsi Veltroni che monta una donna? Io no. Fanno figli, certo, solo per adattarsi alla domanda di presentabilità sociale che chiede ad un politico di esibire uno straccio di famiglia.

Eppure lei non ha cambiato le sue idee.
Io sono e resto profondamente, intimamente di sinistra. Ma sono deluso da questa sinistra senza carisma, passione.

Non le piace neanche Vendola, è così?
Sono rimasto deluso da una sua dichiarazione: quella secondo cui sarebbe un omosessuale morigerato. È come una sorta di excusatio non petita. Cosa vuol dire? Che gli altri omosessuali sono non-morigerati? O che lui ha un partner fisso e gli altri no? Forse è condizionato dal suo dichiararsi continuamente cattolico. Salvo il rapporto con i minori e il ricorso alle prostitute, la sessualità è un fatto squisitamente personale.

Anche Fini si presenta come cattolico.
Sì, ma con un tono di modernità per cui questo aspetto non è dirimente. Piace infatti alla piccola borghesia del Nord, agli imprenditori che hanno bisogno di legalità e di regole di mercato. E invece finché ci sarà il berlusconismo è chiaro che per qualsiasi appalto ti devi rivolgere all’amico dell’amico.

Lei dice che non le interessa la sessualità privata dei politici, però su quella di Berlusconi ha detto parole di fuoco.
Ho detto che escludevo l’abuso sui minori, contro cui combatto una battaglia trentennale, e l’uso delle prostitute. Proprio ieri, rileggendo i verbali della escort Terry De Nicolò a Palazzo Grazioli, ho trovato un’altra traccia di questo, nella storia di Berlusconi.

Provo a provocarla: un libertario come lei censura una scelta privata?
Perché la leggo come un indizio terrificante di decadenza. E perché vedo in questo tentativo di ridicola esibizione erotica, la speranza di usare la leva consunta del sesso, per rafforzare quella traballante del potere. Siamo dalle parti di Morte a Venezia e di Thomas Mann…

Addirittura.
Ma scusi, un uomo di 73 anni ancora schiavo dell’illusione del virilismo! Siamo nel ridicolo e nel grottesco.

Una invettiva.
Mi fa pena, mi fa tristezza. Vede, io sono un uomo ancora bello, ma anziano… È una cosa che intenerisce e deprime che un vecchio ceda alla tentazione senile dell’efebo e della giovinetta.

Nel caso di Berlusconi si parla di giovinette, non di efebi.
È lo stesso! Anzi, è peggio. Questa non è una visione della femminilità. È la sublimazione del decadimento nella speranza di una giovane vita. Quelle sono donne che si fingono donne per mestiere.

Eravamo partiti dalla politica siamo finiti al sesso.
È inevitabile. Perché in tempi di decadimento morale e intellettuale il sesso resta l’unico sostrato possibile della politica. L’unica chiave che aiuta a capire qualcosa.

E cosa si capisce?
Che il potere, soprattutto il potere di Berlusconi, esibisce virilità per nascondere debolezza. È un potere impotente.

Sono incantato, prosegua.
È una perversione che conosco, il cannibalismo del sesso. Più mangi e più hai fame. Ma quelle donne cannibalizzate dal Cavaliere non sono donne, sono fantasmi. Vede, se io penso a una donna con cui potrei fare sesso mi immagino una farmacista, una panettiera, la vita… Non puttane che per soldi si fingono donne e si vestono da catechiste pervertite.

Lei ha dato dell’impotente al premier.
Non è un’ingiuria. Lo sono pure io. Il sesso come esercizio ginnico ormai mi annoia. L’erotismo è il fallimento della sessualità. E l’erotismo delle damine bianche di Berlusconi è un erotismo per vecchi satiri di bocciofila.

martedì 3 agosto 2010

Passi falsi, gratis

A partire da oggi è possibile scaricare gratuitamente il mio racconto “Passi falsi” dal sito Manni Editori. Io non lo rileggerò neanche morto perché, ne sono certo, troverei qualcosa da migliorare, correggere, limare, dire in un altro modo. Una fitta al petto mi coglierebbe nel notare una ripetizione, una parola che sarebbe stato meglio sostituire con un’altra. Nel caso invece in cui dovessi morire nel tardo pomeriggio o in serata, è probabile al contrario che rilegga il mio racconto d’esordio, almeno per ricordarmi quando ero più giovane, ben due anni fa.
Ma la bellezza di un’antologia è che (come non sfuggirà ai più attenti) ci sono anche altri racconti. Tra questi segnalo quello di uno scrittore bravissimo, e amico: Livio Romano. Senza il suo sostegno quando pensavo che non sarei mai riuscito a pubblicare nulla, probabilmente avrei abbandonato il mio sogno principale, accontendandomi di quelli di riserva: giocare nella Juventus, vincere il Giro d’Italia e il Tour de France nello stesso anno, trionfare a Wimbledon. Certo avrei guadagnato più soldi, ma vuoi mettere la soddisfazione? Ne approfitto anche per ringraziare Agnese Manni, ragazza dotata di un senso dell’umorismo raro, e direttore editoriale tra i più bravi in questo meraviglioso Paese fatto di pianure, colline, montagne e mari.